Entro il 2050, l’impatto ambientale dell’Europa potrebbe essere pari a zero. È questa la sfida lanciata dal Green Deal, la strategia nata in seno alla Commissione europea, il cui obiettivo è azzerare le emissioni nette di gas serra (raggiungere cioè la cosiddetta “neutralità climatica”) del Vecchio Continente nell’arco dei prossimi tre decenni. A tal fine, è previsto un piano di provvedimenti che coinvolge tutti i settori produttivi, dall’agroalimentare ai trasporti, dall’energia alle costruzioni. In particolare, le iniziative riguardanti l’agricoltura rientrano nella strategia “From Farm to Fork” (i cui obiettivi specifici usciranno nella prossima primavera) ma i cui intenti già dichiarati dalla Commissione Europea possono essere sintetizzati come segue:
- Garantire prodotti alimentari sostenibili a costi contenuti
- Far fronte ai cambiamenti climatici
- Proteggere l’ambiente
- Preservare la biodiversità
- Potenziare l’agricoltura biologica
Il tutto, nell’ottica della realizzazione di un’economia circolare in cui ogni passaggio, dalla produzione al consumo, risulti più sostenibile.
Come si posiziona il settore agroalimentare italiano di fronte agli obiettivi del Green Deal? A questa domanda rispondono i dati dell’Osservatorio condotto in collaborazione con Fieragricola. Il report nasce sia per inquadrare il sistema delle imprese agricole italiane rispetto agli indicatori dettati dalla strategia europea in termini di emissioni, sprechi, produzione biologica, ecc., e sia per rapportarlo alle principali economie agricole concorrenti.
Il settore agroalimentare italiano e le sfide vinte
Partiamo dalle sfide vinte. L’Osservatorio ha evidenziato, infatti, tre dati fondamentali riguardanti l’agricoltura in Italia.
Innanzitutto, a dimostrazione di come il settore sia già in vantaggio su uno dei paradigmi cardine del piano operativo sull’economia verde più importante della storia, vi sono i dati riguardanti la sicurezza degli alimenti. Questi presentano percentuali tra le più alte di prodotti che secondo i controlli dell’autorità per la sicurezza alimentare (Efsa) risultano essere assolutamente privi di residui, meglio di quanto possano vantare Francia, Spagna e Germania.
Sul fronte degli sprechi, l’indagine mostra un secondo dato particolarmente significativo: i rifiuti alimentari pro-capite (126 kg annui) risultano inferiori del 16% rispetto alla media europea e in forte calo nell’ultimo decennio.
Alla sensibilità green degli agricoltori italiani va il merito del terzo dato da evidenziare, ossia quello relativo all’impiego di agrofarmaci e fertilizzanti. Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), nell’ultimo decennio l’utilizzo di questi prodotti è stato notevolmente ridotto: è il caso degli insetticidi (da 1,2 kg di principi attivi ad ettaro a 0,6 kg), dei fungicidi (-30%), degli erbicidi (-20%), ma anche di azoto (-25%), anidride fosforica (-36%) e ossido di potassio (-50%).
Ancora, secondo il report il nostro paese detiene il record Ue di superficie e incidenza bio per seminativi e colture permanenti con 1,5 milioni di ettari, davanti a Francia, Spagna e Germania.
Infine, il settore agroalimentare italiano fa registrare un calo delle emissioni di gas serra (-12,3% negli ultimi vent’anni secondo Eurostat), che incidono per il 7% sul totale delle emissioni contro il 10% della media europea.
Emergenza acqua ed erosione del suolo: i dati da migliorare
Se sul fronte della tutela della biodiversità e delle aree boschive l’Italia risiede stabilmente nella top 5 dei Paesi Ue, dai dati emerge una forte criticità nella gestione del fattore acqua. Il Belpaese mostra, infatti, un elevato rapporto tra prelievi e risorse idriche, dove l’agricoltura incide per la metà del proprio utilizzo complessivo Un problema di natura strutturale legato alla minore quantità d’acqua di cui dispongono i paesi della fascia mediterranea (nel caso della Spagna il rapporto è ancora più elevato, pari al 65%), da contrastare, ad esempio, attraverso il ricorso a sistemi intelligenti di gestione, come l’irrigazione di precisione.
Particolarmente grave il dato relativo ai fenomeni di consumo del suolo, cresciuti del 50% negli ultimi 30 anni, così come l’erosione da acqua, che vede il nostro paese in cima alla classifica europea per i danni inferti al territorio. In media, ogni anno in Italia si verifica un’erosione di quasi 9 tonnellate di suolo per ettaro, contro i 4 della Spagna e i 2 della Francia. Eventi di questo tipo caratterizzano soprattutto territori più marginali in cui l’attività agricola risulta praticamente assente o in forte calo.
I redditi del settore agroalimentare italiano non crescono
Come rileva Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare di Nomisma e curatore dell’Osservatorio condotto in collaborazione con Fieragricola, dai dati emergono gli enormi sforzi compiuti negli anni dagli agricoltori italiani per rendere la propria attività più rispettosa dell’ambiente. Non solo: dati come quelli relativi ai fenomeni idrogeologici rivelano quanto l’attività delle imprese del settore sia fondamentale per la tutela dei nostri territori.
Emerge quindi la necessità di una sostenibilità ambientale che però non può essere assolutamente scissa da quella economica, senza la quale l’attività agricola stessa non può esistere. Da questo punto di vista, però, i risultati positivi tardano ad arrivare. I dati confermano, infatti, che i redditi delle imprese agricole italiane non sono minimamente cambiati rispetto a cinque anni fa, a fronte di una crescita media europea del 6% (con Spagna e Francia a +11%). Un fenomeno che si lega principalmente a fattori strutturali del settore agroalimentare italiano, come la frammentazione aziendale, la ridotta organizzazione produttiva e commerciale, gli alti costi di produzione e la mancanza di economie di scala.
Conclusioni: cosa devono aspettarsi le aziende agricole italiane
Le sfide che le nostre imprese agricole si troveranno ad affrontare nei prossimi anni saranno soprattutto due.
La prima fa capo alla capacità di soddisfare i nuovi desiderata manifestati dai consumatori. La questione ambientale diventerà, infatti, sempre più preponderante non solo per imposizione dell’Unione europea, ma anche e soprattutto per le scelte compiute dalle persone in fase di acquisto.
Inoltre, il mercato italiano, a fronte di un calo strutturale dei consumi, dovrà riuscire a fare i conti con la concorrenza dei mercati esteri sempre più competitivi e pressanti.
Non è detto che il settore agroalimentare italiano ne esca sconfitto: come hanno rilevato le indagini, infatti, secondo diversi indicatori le nostre imprese agricole risultano molto più virtuose delle concorrenti europee. Una parte del merito va di certo attribuita alla maggiore sensibilità che i nostri agricoltori manifestano nei confronti delle tematiche ambientali.
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