- Con oltre 77 miliardi di euro di valore aggiunto e 64 miliardi di export, l’agroalimentare rappresenta un settore trainante l’economia nazionale oltre che un’eccellenza che posiziona il nostro Paese a livello globale.
- Nel tessuto agroalimentare italiano esiste un gap di competenze da colmare.
- Nel settore del tabacco, l’accordo di filiera offre un sostegno significativo a questa sfida, prevedendo la formazione come elemento chiave.
Verona, 22 luglio 2024 – In un contesto in cui agricoltura e industria alimentare valgono 77 miliardi di euro di valore aggiunto e un export che nel 2023 ha superato i 64 miliardi di euro (comprensivo dei prodotti a base di tabacco) le sfide della transizione ecologica ed energetica a cui le nostre imprese sono chiamate non possono prescindere dallo sviluppo dell’innovazione, in particolare digitale.
Si tratta di sfide che richiedono un continuo aggiornamento delle competenze e delle professionalità in grado di gestire il percorso di transizione. Attraverso un’indagine originale sulle imprese agricole e alimentari italiane (con un focus specifico su quelle tabacchicole), Nomisma ha approfondito questi aspetti, che sono stati presentati oggi Verona in occasione del convegno organizzato in collaborazione con Philip Morris Italia “Le competenze per la transizione ecologica ed energetica nelle imprese agroalimentari italiane: stato dell’arte e fabbisogni” alla presenza di importanti stakeholder del settore come Roberto Mancini, CEO Diagram, Angelo Frascarelli, Professore UniPG e CESAR, Alberto Mantovanelli, Presidente OPIT, Cesare Trippella, Head of Leaf EU PHILIP MORRIS ITALIA nonché di rappresentanti istituzionali del Parlamento Europeo, tra i quali Sergio Berlato, Paolo Borchia, Herbert Dorfmann e Dario Nardella, e l’On.Luca De Carlo, Presidente Commissione Agricoltura del Senato.
La presentazione della ricerca è stata affidata al Responsabile Agroalimentare di Nomisma, Denis Pantini, mentre la moderazione dell’evento è stata curata da Paolo De Castro, Presidente del Comitato Scientifico di Nomisma.
L’indagine, condotta su un campione ragionato di imprese agricole ed alimentari, ha rilevato sia gli investimenti realizzati dalle imprese e funzionali alla transizione eco-energetica, sia lo stato dell’arte sulle competenze necessarie alla transizione.
Il gap nelle competenze è l’ostacolo da superare per diffondere l’innovazione tecnologica
Rispetto agli obiettivi di produzione di energie rinnovabili e digitalizzazione dell’economia e della società l’Italia evidenzia valori sotto la media rispetto agli altri paesi UE. In particolare, se si guarda al Digital Economy and Society Index (DESI), l’Italia sconta un ritardo soprattutto nella componente del “capitale umano”, in altre parole nelle competenze digitali delle persone. Ed è proprio il gap nelle competenze uno dei principali punti di miglioramento propedeutici alla diffusione in Italia delle innovazioni tecnologiche nelle imprese agricole ed alimentari. Se infatti nel corso degli ultimi anni, il 71% delle imprese agroalimentari intervistate ha già effettuato investimenti per la transizione eco-energetica, 1 azienda su 4 lamenta la mancanza di competenze specifiche e la necessità di formazione come i principali vincoli ad una maggior diffusione di tali innovazioni.
Stringendo la maglia alle aziende tabacchicole, l’indagine Nomisma rileva come il 29% di esse ritiene necessario lo sviluppo di competenze specifiche sull’utilizzo degli strumenti che favoriscano le innovazioni tecnologiche. Il gap da colmare emerge anche nella consapevolezza delle aziende sulla preparazione professionale dei propri addetti: dall’indagine emerge infatti che il 44% del campione intervistato ritiene molto importante la formazione, percentuale che sale al 59% nel caso delle aziende tabacchicole. E in effetti, già oggi 1 impresa su 2 investe nella formazione dei propri addetti (oltre a quella obbligatoria prevista per legge), mentre un ulteriore 30% ha già pianificato attività in tal senso nei prossimi 2/3 anni, mentre per le aziende tabacchicole la percentuale sale al 44%, a testimonianza dell’efficacia dell’accordo di filiera nel comparto che abilita le aziende ad effettuare una programmazione strategica a medio termine anche sul tema delle competenze.
Transizione eco-energetica: le competenze più richieste passano dalla gestione e ottimizzazione dei processi. Anche le risorse umane rivestono un ruolo fondamentale
Le competenze necessarie alla transizione eco-energetica più richieste dalle imprese risultano: per il 48% delle aziende intervistate, quelle legate alla gestione sostenibile delle risorse e all’ottimizzazione dei processi produttivi. Un altro 33% segnala la capacità di utilizzare software per la gestione sostenibile dell’azienda, mentre il 28% individua le competenze biologiche e chimiche legate alla produzione sostenibile.
La vera sfida è riuscire a trovare risorse umane competenti. Una problematica fortemente sentita: solo 1 azienda su 10 non ritiene importante disporre di competenze nel percorso verso la transizione eco-energetica, una consapevolezza che tra le aziende tabacchicole trova conferma nel 100% delle imprese intervistate.
“Chi pensa che l’agricoltura sia ancora quella di cento anni fa commette un errore gravissimo: oggi l’innovazione è fondamentale – commenta il senatore Luca De Carlo, presidente della IX Commissione Senato – Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare. Per mantenere ad altissimi livelli la qualità della nostra agricoltura, la formazione degli addetti è indispensabile: la filiera diventa quindi lo strumento cardine che permette da un lato di lavorare su economie di scala e ottenere così prezzi migliori e, dall’altro, di aumentare le conoscenze delle imprese e dei lavoratori, attraverso lo studio e l’introduzione di innovazioni che permettano di produrre di più e meglio”.
In conclusione, al di là dell’attuale dotazione di risorse umane in grado di sostenere la sfida della transizione eco-energetica (che soddisfa pienamente solo il 30% delle aziende intervistate), resta nel tessuto imprenditoriale agroalimentare italiano un gap di competenze da colmare. Un divario che, nel caso del comparto tabacchicolo, trova un importante contributo alla sua riduzione nell’accordo di filiera in cui la formazione è parte integrante delle attività e dei servizi collegati a tale strumento.
La visione innovativa di filiera richiede un approccio fortemente orientato allo sviluppo di nuove competenze che favoriscano l’impegno per le transizioni, la continuità generazionale all’interno delle aziende agricole e modelli innovativi a supporto dell’efficienza in agricoltura.
“Nel caso della filiera tabacchicola, in particolare per quella componente organizzata fin dal 2011 all’interno dell’accordo di filiera Coldiretti-Philip Morris, lo sviluppo delle competenze e della formazione è sempre stato al centro della visione di sviluppo, a partire dalle buone pratiche agricole e del lavoro per arrivare a meccanismi di facilitazione delle innovazioni in favore della transizione digitale, ecologica ed energetica” ha dichiarato Alberto Mantovanelli, Presidente dell’Organizzazione Produttori Italiani di Tabacco (OPIT). “Le sfide che nei prossimi anni attendono la filiera tabacchicola italiana, che resta la prima in Europa con oltre 1/3 dei volumi complessivi, riguarderanno certamente la capacità di rimanere competitiva su tutte le dimensioni della sostenibilità, ma un aspetto fondamentale coinvolgerà anche le nuove regolamentazioni che a livello europeo verranno definite nei prossimi appuntamenti legislativi, che potranno influenzare gli agricoltori italiani e potenzialmente avere un impatto direttamente o indirettamente sui valori economici, ambientali e sociali collegati alla filiera integrata. Per queste ragioni sarà necessario mantenere alta l’attenzione e monitorare tutti insieme che le prossime regole europee non siano penalizzanti per un comparto chiave dell’economia agricola italiana” ha concluso il Presidente Mantovanelli.
“Se per vincere la doppia sfida della transizione ecologica ed energetica il digitale può rappresentare uno strumento importante, competenze e formazione si configurano come due leve strategiche altrettanto necessarie alle imprese agricole ed alimentari per governare piuttosto che subire questa transizione, restando così al passo degli enormi cambiamenti che stanno interessando la filiera agroalimentare” – conclude Paolo De Castro, Presidente del Comitato Scientifico di Nomisma.
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