Tra scenari di guerra e obiettivi di transizione ecologica, la tenuta delle filiere agroalimentari italiane – molte non autosufficienti – viene messa a dura prova. Diventa quindi fondamentale investire in innovazione, l’unica leva strategica in grado di contemperare entrambe le esigenze e garantire quella catena del valore necessaria a preservare la competitività delle filiere agricole italiane.
Bologna 8 luglio 2022. Si è svolto questa mattina in diretta streaming da Bologna l’evento “L’innovazione per filiere agroalimentari sostenibili: strumenti, best practices, politiche a supporto” organizzato da Nomisma, in collaborazione con Philip Morris Italia e con il contributo scientifico di Food Trend Foundation.
Il workshop, introdotto e moderato da Paolo De Castro, presidente del Comitato Scientifico di Nomisma, ha inteso approfondire attraverso importanti contributi di esperti e testimonianze di top manager di imprese, il ruolo che l’innovazione può avere nel rendere “sostenibili” – nei diversi risvolti economici, sociali ed ambientali – le filiere agroalimentari italiane. Tra le case history di successo sono state illustrate quelle del pomodoro da industria e del tabacco, dove negli anni sono stati avviati importanti investimenti in innovazione, mediante accordi di filiera, finalizzati a garantire maggiore stabilità e sicurezze agli agricoltori.
Ad arricchire il tavolo delle discussioni, la Tavola Rotonda dedicata al dibattito istituzionale nella seconda parte dell’evento con i contributi di Raffaele Nevi, Responsabile Agricoltura Forza Italia, e Mino Taricco, Capogruppo Partito Democratico nella IX Commissione permanente – Agricoltura e Produzione agroalimentare.
Il contesto attuale caratterizzato dal conflitto russo-ucraino e dai continui shock sul mercato energetico e delle commodity, a cui si aggiungono gli obiettivi della transizione ecologica imposti dal Green Deal, rischiano di mettere a dura prova un sistema produttivo fortemente colpito da tensioni inflattive e difficoltà di approvvigionamento. Secondo l’ultimo Eurobarometro, basato su un’indagine realizzata tra fine febbraio e marzo scorso, un cittadino europeo su due, quando si tratta di indicare le principali responsabilità attribuite agli agricoltori, mette al primo posto la produzione di cibo sostenibile e di alta qualità, mentre per un altro 26% diventa prioritaria la garanzia di fornitura costante di alimenti. È quindi del tutto evidente che qualità dei prodotti agroalimentari, food security e sostenibilità devono procedere di pari passo, insieme a investimenti in innovazione per rendere le filiere italiane sempre più competitive e sostenibili. Ma come?
Nel panorama italiano, molte filiere di per sé non sono autosufficienti. Posto pari a 100 l’indice di autosufficienza (misurato dal rapporto tra produzione e consumi), filiere come quella del frumento (sia tenero che duro), del mais, delle carni (sia bovine che suine), del latte sono tutte sotto tale valore. Lo dimostra anche il trend nell’import di prodotti agricoli che negli ultimi venti anni è cresciuto di oltre l’80%, arrivando a toccare i 16,3 Miliardi di euro nel 2021. Non si tratta però di un rischio di “food security” per i consumatori italiani: le importazioni sono necessarie a garantire in via complementare una piena funzionalità di quelle catene del valore in grado di sostenere il nostro export di food&beverage e derivati del tabacco che nello stesso periodo è più che triplicato (+216%), passando da 14 a oltre 44 Miliardi di euro.
Il vero obiettivo di lungo periodo è quindi quello di rendere le nostre filiere sostenibili in uno scenario di mercato che si è fatto ultimamente più complicato, ma che grazie agli accordi di filiera come strumento che abilita l’innovazione) può essere messo in sicurezza mantenendo allo stesso tempo elevati standard di qualità.
Come sottolineato nell’intervento introduttivo di Paolo De Castro, presidente del Comitato Scientifico di Nomisma “l’innovazione, attraverso ad esempio l’utilizzo del digitale e delle tecnologie di evoluzione assistita, rappresenta l’unica leva strategica in grado di permettere la cosiddetta intensificazione sostenibile, vale a dire livelli di produzione agroalimentare più alti e di qualità preservando le risorse naturali, un combinato disposto divenuto imprescindibile”.
D’altronde, gli obiettivi indicati dall’Europa per una neutralità climatica impongono agli agricoltori riduzioni significative entro il 2030 nell’utilizzo di agrofarmaci e antibiotici (-50%) nonché di fertilizzanti (-20%). I target della strategia “Farm to Fork” collegata al Green Deal sono ambiziosi e non certo “a costo zero” per l’agricoltura comunitaria, visto che anche lo stesso Centro di Ricerca della Commissione Europea (JRC) ha valutato come l’applicazione tout court di tali tagli nei mezzi tecnici potrebbe portare ad una riduzione della produzione agricola dell’Ue compresa tra il 10 e il 15% rispetto ai livelli attuali.
Per l’Italia è fondamentale garantire sicurezze alle proprie filiere e agli agricoltori perché, oltre a garantire l’approvvigionamento dei diversi prodotti agroalimentari, sono in grado di generare quel “valore” richiesto dai consumatori di tutto il mondo, necessario a preservare la competitività dell’intero sistema agroalimentare nazionale. Di questo ne è convinto Stefano Vaccari, direttore generale del Crea che sottolinea come “in un momento complesso come quello attuale non dobbiamo dimenticare che l’agricoltura italiana è la prima d’Europa in termini di valore aggiunto. Noi produciamo valore, non cibo! Questo significa che innovazione e formazione sono i naturali binari per correre sul mercato mondiale. Il CREA nel 2021 ha sviluppato oltre mille progetti di ricerca, tasselli potenti di crescita per l’agroalimentare. Abbiamo ora bisogno di concentrare gli sforzi della ricerca agricola su pochi, chiari campi di azione, come la genomica, l’agricoltura di precisione, la sostenibilità e le agroenergie. Oggi le risorse pubbliche scientifiche, specie quelle del PNRR, sono estremamente frammentate non governate dal mondo agricolo: su questo speriamo che vi sia un cambiamento di rotta”.
L’esigenza di una maggior innovazione è testimoniata dai dati recentemente diffusi del VII Censimento generale sull’agricoltura italiana, dove emerge che solo l’11% delle aziende agricole italiane ha investito (nel triennio 2018-2020) in innovazione. Ed ecco perché diventa fondamentale sfruttare le risorse del PNRR che, attraverso misure come i contratti di filiera, può imprimere un’accelerazione alla diffusione dell’innovazione finalizzata ad obiettivi di sostenibilità proprio all’interno delle filiere. Come ha raccontato nel suo intervento, Alessandro Apolito, Capo servizio tecnico Gabinetto di Presidenza e Segreteria generale Coldiretti Innovazione e sostenibilità attraverso gli accordi di filiera “la transizione ecologica deve vedere protagonista tutto il settore agroalimentare. Per farlo è necessario continuare a sostenere gli investimenti delle aziende, puntando su innovazione e agricoltura 4.0 per ridurre l’uso delle risorse e aumentare la produttività. I contratti di filiera del PNRR vanno in questa direzione e Coldiretti, insieme a Filiera Italia, è pronta a presentare tanti progetti operativi e sostenibili”.
Rispetto a tali obiettivi, non mancano anche casi di successo che dimostrano come tali strumenti possono favorire la diffusione di processi innovativi in grado di permettere, al contempo, una sostenibilità a 360° (ambientale, sociale ed economica) per tutta la filiera. È quello che ha illustrato al convegno Gianmarco Laviola, Amministratore Delegato di Princes Industrie alimentari che ha dichiarato come “promuovere la sostenibilità nell’industria del pomodoro non significa solo introdurre tecnologie avanzate nelle nostre produzioni ma investire nel ruolo della filiera per dare prospettiva di crescita al comparto, soprattutto in un contesto di grandi tensioni internazionali e di pressione sui costi delle materie prime. Princes Industrie Alimentari si impegna in questa direzione per tutelare e sostenere il “pomodoro etico” e 100% Made in Puglia in tutto il mondo, sia attraverso uno specifico e rivoluzionario accordo di filiera stretto con Coldiretti sia con iniziative concrete sviluppate con le rappresentanze dei lavoratori e le associazioni che combattono il fenomeno dello sfruttamento del lavoro”.
Un’altra interessante case history dove attraverso accordi di filiera si sono raggiunti obiettivi di sostenibilità e di innovazione volta a migliorare il prodotto agricolo verso le nuove esigenze del mercato e di conseguenza a generare quel “valore” riconosciuto ai prodotti italiani è quella del tabacco: la filiera del tabacco ha infatti l’opportunità di esplorare nuove soluzioni innovative, che permetteranno di intraprendere più velocemente il percorso di transizione ecologica e digitale, anche alla luce della nuova riforma della PAC e in linea con il nuovo “Green Deal” europeo. “In un contesto macroeconomico sempre più complesso e in continuo cambiamento credo sia fondamentale garantire stabilità e certezze ai coltivatori e alle filiere agricole” – ha spiegato Cesare Trippella, Head of Leaf EU Philip Morris International – “Come Philip Morris, il nostro impegno verso la filiera tabacchicola guarda al futuro e lo abbiamo già dimostrato con il rinnovo degli accordi con il Mipaaf. La nostra Azienda è all’avanguardia anche dal punto di vista degli investimenti per la transizione energetica, ecologica e digitale della filiera tabacchicola: in linea con la visione innovativa di un mondo senza fumo, Philip Morris Italia già dal 2011 ha intrapreso azioni strategiche volte a tali transizioni, ottenendo successi nella riduzione di CO2, nell’uso responsabile della risorsa idrica, nonché nella digitalizzazione della filiera”.