9 febbraio 2023 – Nel suo intervento presentato in occasione della IX edizione della conferenza economica di CIA, Denis Pantini, Responsabile del settore Agroalimentare di Nomisma, ha riportato le principali evidenze dello studio “Nuove sfide e scenari evolutivi per l’agricoltura italiana” curato con Ersilia Di Tullio, Senior Project Manager di Nomisma, confermando come l’agricoltura italiana anche nel 2022 risulti fra le principali dell’Unione Europea, sebbene in un trend di progressiva erosione di tale posizionamento.
Con un valore della produzione pari a circa 72 miliardi di euro, (comprese le attività connesse), malgrado un incremento rispetto al 2019 del +24%, la performance risulta però ancora inferiore alla media UE 27, così come la variazione del reddito netto agricolo. Dopo infatti un primato che durava da oltre dieci anni, dal 2021 l’Italia ha dovuto cedere alla Francia lo “scettro” di prima agricoltura europea per valore aggiunto prodotto.
Nel complesso, la dinamica del valore aggiunto mostra come gran parte della crescita del settore agricolo sia riconducibile all’escalation dei prezzi agricoli piuttosto che ad una crescita reale.
L’inflazione è infatti tornata a farsi sentire a partire dai primi mesi del 2022, colpendo l’Italia più di altri paesi europei e facendo sentire i suoi effetti non solo su materie prime energetiche (+54% nel dic2022 su dic2021), ma anche sull’alimentare (+13%), con impatti più elevati su derivati dei cereali, prodotti lattiero-caseario e olio.
Nello specifico, gli effetti dell’inflazione si sono ripercossi con forte intensità anche sui costi di produzione, che hanno subito un’impennata già nel 2021, per crescere ulteriormente nel 2022. Energia, lavoro conto terzi, mangimi e fertilizzanti hanno registrato i maggiori incrementi.
Riguardo la spesa alimentare, che resta sostanzialmente stabile in quantità rispetto al 2021, l’84% dei consumatori italiani ha modificato i propri acquisti per far fronte al minor reddito, rinunciando soprattutto ai beni alimentari più voluttuari e/o a maggior costo (carni rosse, pesce, salumi, vino).
Si modificano anche i canali: prosegue la corsa del discount e tornano a crescere gli iper, format caratterizzati dal maggiore risparmio – mentre calano piccole superfici e vendite on-line.
“Nel complesso gli incrementi dei prezzi energetici e altre materie prime hanno generato un forte aumento dei costi di esercizio per le imprese agricole, della trasformazione e della distribuzione, che solo in parte sono stati ribaltati a valle al consumatore – ha commentato Ersilia Di Tullio -. La filiera agroalimentare è peri riuscita a reggere alle difficoltà del 2022 ma, evidentemente, gli elementi di incertezza potranno esasperarsi se la situazione di difficoltà si dovesse protrarre anche nel 2023”.
Oltre ai fattori congiunturali non favorevoli, l’analisi di Nomisma sottolinea come l’Italia sia condizionata anche da un ampio digital divide rispetto agli altri paesi membri dell’Unione: l’indice DESI (Digital Economy and Society Index) ci colloca al 18° posto per le difficoltà che il nostro paese registra su questo fronte soprattutto in termini di capitale umano e servizi pubblici digitali. Ma anche in termini di connettività resta ancora molto da fare per colmare il divario fra aree rurali e aree urbane intensive. Analogamente, anche sul fronte delle infrastrutture di trasporto resta una profonda disomogeneità nel territorio, che rende alcune parti del Paese profondamente penalizzate (soprattutto al Centro-Sud).
Tuttavia l’agricoltura italiana può rappresentare una reale risorsa a sostegno delle aree rurali, grazie alla sua maggiore specializzazione in attività connesse rispetto al resto dell’UE. Le attività secondarie – energia rinnovabile, agriturismo e altre attività ricreative e sociali, seconda trasformazione, manutenzione del verde, ecc. – incidono infatti sulla nostra produzione agricola per oltre il 10%, contro una media UE di appena il 4%. Anche in questo caso si registrano due velocità, con il Centro-Nord del Paese che è molto più avanti in fase di integrazione della multifunzionalità, rispetto al Sud, che quindi rappresenta ancora un forte potenziale da valorizzare (si pensi all’agriturismo nelle regioni del Sud con forte vocazione turistica).
“La risorse messe a disposizione per il settore agricolo dalla PAC e da PNRR potranno contribuire a ridurre il gap strutturale e competitivoche caratterizza l’Italia, accompagnando il processo di transizione ecologica promosso dalla strategia Farm to Fork – ha aggiunto Denis Pantini -. Ma una vera modernizzazione dell’agricoltura italiana in grado di sostenere le nuove sfide dello scenario potrà dirsi avviata solo con una maggior diffusione dell’innovazione presso le aziende agricole che ancora stenta ad affermarsi (solo l’11% delle imprese italiane ha effettuato investimenti in innovazione nel triennio 2018-2020), così come attraverso un ricambio generazionale cronicamente fermo in un settore dove meno del 10% delle aziende è guidato da agricoltori con meno di 40 anni”.