Scenari evolutivi e sfide future per il vino italiano: Nomisma al convegno organizzato da Unicredit e Confagricoltura

  • Presentato il III Rapporto sulla competitività delle Regioni del vino, Nomisma Wine Monitor-Unicredit

8 aprile 2025 – Dopo un 2023 che aveva visto l’import mondiale di vino contrarsi di oltre il 5% rispetto all’anno precedente, nel 2024 il tanto atteso rimbalzo non c’è stato. Considerando i primi 12 mercati di import di vino (il cui peso sugli scambi mondiali supera il 60%), solamente quattro di questi hanno registrato crescite nelle importazioni a valore (Stati Uniti, Canada, Cina e Brasile)

Rispetto a tale scenario, l’Italia ha ottenuto un risultato positivo (+6% a valore), trainato soprattutto dagli spumanti, le cui esportazioni incidono ormai per il 30% sulle vendite oltre frontiera di vino italiano. Gran parte di questo merito è ascrivibile al Prosecco, il cui export è aumentato dell’11% nell’ultimo anno.

Il grande punto interrogativo è dato dagli Stati Uniti e dal dazio del 20% imposto da Trump sui nostri vini, molti di questi esposti per una percentuale significativa del proprio export sul mercato americano, come i bianchi del Trentino e i rossi toscani.

Questa l’introduzione di Denis Pantini, Responsabile Nomisma Wine Monitor, in occasione del convegno organizzato da Unicredit e Confagricoltura durante l’edizione 2025 di Vinitaly.

Per la Francia, principale competitor dei nostri vini, il 2024 si è chiuso nuovamente in calo del -2,4% (dopo il -3% del 2023), generato dal crollo dei propri spumanti le cui vendite all’estero sono diminuite del 6,5%.

Tra i top exporter che nel 2024 hanno registrato una crescita va citata l’Australia: +31%, grazie principalmente alla revoca del superdazio da parte del il governo cinese.

Allargando la visuale del confronto agli ultimi dieci anni, l’Italia figura come il paese il cui export di vino è cresciuto di più tra tutti i competitor: +60% contro il +51% della Francia e il +33 della Nuova Zelanda.

Il nostro vino arriva oggi ai quattro angoli del pianeta ma il 60% dell’export si concentra in appena 5 paesi, con gli Stati Uniti in testa (24%). La Francia presenta un indice di concentrazione (sempre rispetto ai primi 5 mercati di sbocco) del 51% (con un peso degli Usa del 20%), la Spagna è al 48% (con una incidenza degli Usa dell’11%).

Restando in tema, anche le esportazioni regionali denotano alti livelli di concentrazione. Il solo Veneto pesa per il 37% sull’export di vino nazionale, seguito da Toscana e Piemonte, entrambi con il 15%. Aggiungendo Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna si arriva ad un’incidenza dell’80%.

Lo stesso poi si desume per i vini a denominazione. Guardando al peso degli Stati Uniti sull’export dei vini Dop, si evince come i bianchi di Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia hanno nel mercato americano il principale paese di sbocco (48% del proprio export), così come per i rossi Dop della Toscana (40%) e i rossi del Piemonte (31%). Alla luce delle tensioni geopolitiche e commerciali diventa quindi fondamentale (diversificare la destinazione del nostro export, individuando nuovi mercati di sbocco.

Posto che il mercato USA resta al momento pressoché insostituibile, l’analisi condotta da Nomisma sui mercati che nell’ultimo decennio hanno maggiormente aumentato gli acquisti di vino italiano mette in evidenza paesi situati soprattutto nell’est Europa e in Asia. Rispetto ad un tasso medio di crescita dell’export di vino italiano del 5% (CAGR 2014/2024), i paesi che hanno mostrato tassi almeno doppi vanno dalla Corea del Sud (+10% annuo) alla Polonia (+13%), dal Vietnam (+18%) alla Romania (+20%).

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