5 marzo 2025 – Il turismo balneare, nonostante sia chiamato a confrontarsi con uno scenario caratterizzato da molteplici fattori di incertezza oltre che dal repentino cambiamento dei gusti del turista, sta mostrando una notevole dinamicità, tanto che dal 2010 le imprese balneari sono cresciute di 1.400 unità (1 impresa su 5). Ed è il Mezzogiorno ad aver fatto registrare il maggiore dinamismo, concentrando oltre tre quarti di questo incremento.
Le imprese balneari in Italia occupano oltre 67 mila addetti, di cui poco meno di 48 mila sono dipendenti (media giugno-settembre).
Secondo un’indagine condotta da Nomisma, i cui risultati sono stati presentati da Francesco Capobianco, Head of Public Policy di Nomisma, in occasione degli Stati generali del Turismo Balneare, i rispondenti si connotano per una complessità organizzativa maggiore rispetto alla situazione di settore ma nel tempo hanno saputo ampliare la gamma di servizi offerti. Nello specifico, a quelli più tradizionali – come il parcheggio, la spiaggia e il noleggio attrezzature – sono stati progressivamente aggiunti i servizi di intrattenimento e dotazioni per attività sportive. Si è ampliata anche la presenza del ristorante.
I servizi vengono gestiti prevalentemente in forma diretta e quelli più frequentemente demandati a terzi sono il parcheggio e il ristorante (in circa 2 casi su 10).
È proprio il cambiamento della tipologia di soggiorno a segnare la principale novità nei comportamenti di consumo che, inevitabilmente, incidono anche sul modello gestionale e di business delle imprese balneari. Se da un lato resta stabile la quota di ospiti con abbonamento stagionale, si è accorciato il soggiorno medio, con un incremento in particolare del soggiorno nel fine settimana.
A questo riguardo, la metà delle imprese coinvolte nell’indagine reputa sostanzialmente stabile la clientela con abbonamento stagionale negli ultimi 10 anni; la restante parte vede un equilibrio tra chi la giudica in aumento e chi in calo. Sul fronte opposto la valutazione sul turismo del weekend, dove il saldo denota un aumento marcato, seguito dai giornalieri.
Per far fronte ai cambiamenti della domanda, le imprese balneari hanno investito in acquisto attrezzature (nell’84% dei casi) e arredi (76%). Degno di rilievo il fatto che oltre 2 imprese su 3 abbiano fatto interventi di manutenzione straordinaria, sintomo dell’utilizzo di strutture in concessione ormai datate. Inoltre, oltre 1 impresa su 3 ha realizzato anche interventi di ampliamento dei fabbricati.
In 1 caso su 5 i balneari hanno connessioni con le imprese del territorio. Di queste, 2 su 5 hanno in corso convenzioni con qualche struttura dell’ospitalità.
Più frequente, invece, la partecipazione a forme di aggregazione funzionali alla erogazione dei servizi (in oltre metà dei casi). Si tratta spesso di iniziative finalizzate alla promozione turistica (73%), meno alla pulizia degli arenili (39%).
Infine, la destinazione assume un’importanza cruciale nel definire il modello di business di molte imprese balneari: quelle localizzate in destinazioni prive di vocazione turistica, rispetto a quante sono insediate in comuni a vocazione balneare o ai centri urbani costieri con vocazione mista (ad esempio balneare e culturale), sono nate più frequentemente dopo il 2000, denotano concessioni di maggiore estensione e hanno un’offerta più ampia di servizi, con la sola eccezione del ristorante. Sembra, pertanto, sussistere una funzione di integratore di servizi che spinge le imprese balneari a dotarsi di servizi carenti nel territorio.
Nel complesso, la densità delle relazioni con il territorio è una variabile che aiuta a capire meglio le ricadute dell’operare di un’impresa balneare al di là della propria dimensione economica. Da questa angolazione di analisi, le imprese «storiche» (ovvero nate prima del 1990) offrono una maggiore prospettiva di interconnessione con il territorio, mentre quelle nate dopo il 2000 appaiono relativamente meno inclini ad attivare convenzioni con altre aziende per migliorare il soggiorno dei propri ospiti.