Nel 2020, il mercato vitivinicolo ha subito profonde trasformazioni: se da un lato il canale di vendita e-commerce ha aumentato la sua rilevanza in modo sostanziale, offrendo di fatto nuove opportunità di business, dall’altro non sono mancate le difficoltà legate in primis alla chiusura di ristoranti e bar e alla riduzione dei flussi turistici.
Secondo Denis Pantini, responsabile dell’Osservatorio Nomisma Wine Monitor, in questo anno così particolare, “l’Italia è comunque riuscita a limitare i danni e il mercato del vino ha reagito in modo deciso e proattivo”.
Vediamo ora i dati complessivi del mercato del vino 2020, per osservare azioni e reazioni dei player coinvolti e provare, per quanto possibile, a immaginare prospettive di rinnovamento per l’anno in corso.
Anno 2020: le abitudini di consumo di vino degli italiani
Nel 2020, le vendite di vino nel canale off-trade – quindi GDO e retail – sono cresciute del 7% a valori e del 5,7% a volumi rispetto al 2019.
Ciò significa che gli italiani non hanno rinunciato a consumare vino, e lo hanno fatto rivolgendosi ai canali di vendita a cui hanno avuto accesso, nonostante le limitazioni imposte, ad esempio, nel canale della ristorazione e dell’Horeca in generale.
Altro dato interessante è che la vendita di vini fermi e frizzanti è cresciuta dell’8%, mentre gli spumanti non hanno superato il 4%. Questi numeri ci parlano di una tendenza purtroppo ovvia: gli spumanti si consumano in situazioni conviviali, che negli ultimi mesi sono state molto scarse, mentre si sono messe in tavola più volentieri bottiglie di altre tipologie. Anche la scelta della bottiglia da consumare, quindi, è legata a doppio filo alle profonde trasformazioni dovute alla pandemia.
Wine e-commerce: il vero protagonista del 2020
Come abbiamo già avuto occasione di affermare, il vero protagonista del 2020 è stato l’e-commerce: le vendite online hanno superato i 200 milioni di euro e, in particolare, i siti “pure player” hanno intercettato l’85% delle vendite.
Secondo Denis Pantini “questo trend ha assunto caratteri strutturali e non più solo congiunturali, e pertanto resterà in “territorio positivo” anche nei prossimi anni”.
Il consumo di vino all’estero: dati sulle importazioni
I trend appena descritti per il mercato italiano trovano analogie all’estero, andando così ad impattare sugli acquisti di vino straniero, tra cui quello italiano.
In generale, pochi mercati hanno chiuso l’anno con un aumento delle importazioni di vino rispetto al 2019 e tra questi si possono citare i Paesi dove le bevande alcoliche sono gestite dal Monopolio Statale e, quindi, i punti vendita sono rimasti aperti durante il lockdown: questo è avvenuto, ad esempio, in Norvegia (+15,1%) e Svezia (+4,9%).
Anche i mercati “big” nel 2020 hanno registrato cali, più o meno rilevanti, nelle importazioni: il mercato USA ha registrato un -11,1%, la Cina -26,7%, il Giappone -15% mentre UK e Germania cali rispettivamente del -4% e -3,2%.
Rispetto a questi dati, qual è stato l’andamento delle importazioni di vino italiano? Il panorama è estremamente eterogeneo con un calo di appena il 3,3% negli USA e addirittura una crescita del 6,1% in Svizzera e dell’1,7% in Germania.
Proprio come in Italia, anche all’estero le importazioni di spumante italiano sono scese – nei valori – del 7,5% negli USA, del 15,8% in UK, del 3,9% in Germania e del 4,7 in Canada, mentre hanno tenuto in Svizzera (+0,9%) e sono aumentate in Francia (+2,8%) e Norvegia (+5,6%).
Andamento delle esportazioni
In conclusione si può dire che il consuntivo dei top exporter per l’anno 2020 sia stato negativo quasi per tutti: Francia (-10,8%), Australia (-1,6%), Cile (-7%.) e Spagna (-3,4%).
L’Italia, quindi, con un -2,4% si è posizionata tra i produttori che ha “limitato i danni” della pandemia nelle esportazioni di vino.
A crescere in ambito export è stata solo la Nuova Zelanda, con +4,5%, dovuto principalmente all’export di vini sfusi.
I fattori che hanno influenzato il mercato del vino nel 2020: primo tra tutti, il canale di vendita
Ad essere penalizzati sono stati soprattutto i produttori medio-piccoli, focalizzati sul canale on-trade italiano e principalmente nella ristorazione, che hanno visto in molti casi dimezzato il proprio fatturato.
Sono invece cresciute imprese più strutturate, in particolare cooperative, che essendo focalizzate maggiormente nel canale GDO hanno cavalcato una domanda in forte espansione.
All’estero, poi, l’importazione di vini italiani, pur essendo stata penalizzata, non ha subito un crollo grazie ad una “multicanalità” dei vini made in Italy che ha permesso loro una diversificazione del rischio e, di conseguenza, una minor riduzione nelle vendite.
Gli spumanti sono stati invece più penalizzati, a beneficio di altre bottiglie: come abbiamo detto, questo dato è particolarmente legato al profondo cambio di abitudini che ha investito i consumatori di tutto il mondo.
Possiamo quindi concludere che, la differenza tra chi ha visto ridursi il fatturato e tra chi lo ha visto crescere, l’ha fatta sia in Italia che all’estero principalmente il canale di vendita – prima ancora del mercato di sbocco – premiando quindi sia chi era già focalizzato nell’off-trade, sia chi ha saputo gestire meglio lo “switch” tra un canale distributivo e l’altro.
L’Osservatorio Wine Monitor, un’opportunità per i player del settore
In questo scenario così mutevole, l’Osservatorio Nomisma Wine Monitor è un valido alleato per tutti i player della filiera vitivinicola poiché propone un punto di vista privilegiato per analizzare il mercato del vino e osservarne i cambiamenti a livello locale e internazionale.
Si tratta, quindi, di uno strumento strategico, di fondamentale importanza per comprendere i cambiamenti del settore e pianificare di conseguenza lo sviluppo futuro della propria attività. Per informazioni sull’abbonamento annuale è possibile scrivere a denis.pantini@nomisma.it