L’ Indagine sulle famiglie italiane 2020 realizzata da Nomisma e presentata nel corso dell’evento “Fuori tutti, la voce alle famiglie. Vivere, abitare, investire: l’Oltre del Coronavirus”, lo scorso 26 maggio, ha evidenziato il bisogno di nuovi paradigmi per il territorio e la socialità. Nel futuro “oltre” il tempo-Covid, le dimensioni economica e sociale, infatti, saranno sempre più importanti.
“Oltre” il Coronavirus: guardare alle famiglie per cogliere le sfide del futuro
L’Indagine sulle famiglie ha messo in evidenza come proprio i loro bisogni e i loro problemi siano necessariamente al centro della discussione che riguarda l’orizzonte temporale “oltre” il Covid. In un momento di socialità ritrovata e vissuta dentro le case, nelle quali si è svolto ogni rapporto umano, lavorativo ed educativo, la famiglia ha riscoperto l’importanza della salute, ma anche della scuola pubblica e inclusiva, della solidarietà, degli spazi cittadini che possono diventare luoghi di relazioni. Un sistema in grado di rispondere alle domande dettate dall’emergenza, che comprenda queste necessità, va costruito su nuovi paradigmi.
L’Indagine sulle famiglie italiane fa parte del 13° Rapporto sulla Finanza immobiliare realizzato da Nomisma e presentato in diretta streaming grazie alla collaborazione di CRIF e Unicredit SubitoCasa, rappresentata dall’Amministratore Delegato Giulio Pascazio. Durante la mattinata sono intervenuti Luca Dondi, Amministratore Delegato Nomisma, che ha presentato il Rapporto, e i relatori – Silvia Rovere, Presidente Assoimmobiliare, Massimiliano Colombi, Sociologo dell’Università di Macerata, Fabrizio Barca, Economista del Forum Disuguaglianze Diversità, Matteo Lepore, Assessore Cultura e Turismo di Bologna, Gian Luca Galletti, Presidente Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti ed Elena Bonetti, Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia – che hanno commentato i dati nel corso di alcuni talking.
Gli aspetti sociali dell’Indagine sulle famiglie 2020
Domandarsi come le famiglie vivranno il periodo successivo alla pandemia e alla quarantena presuppone l’analisi di cosa è accaduto nelle case degli italiani durante il lockdown. La prospettiva, infatti, non deve essere quella di un ritorno automatico alla normalità (il “prima”), ma di un cambiamento che dovrà avvenire sulla base delle considerazioni emerse durante questi mesi. La completa rivoluzione di stili e abitudini ha favorito una riflessione e dettato nuove priorità: la riscoperta dell’importanza di un balcone e di un giardino, così come delle aree verdi all’interno delle città, sono alcuni esempi; i relatori Massimiliano Colombi, Fabrizio Barca e Gian Luca Galletti hanno offerto il loro punto di vista e analizzato le possibilità future per integrare questi tre elementi – famiglie, città e imprenditori – e disegnare una nuova socialità che tenga conto delle necessità comuni.
Il benessere economico e sociale delle famiglie – Massimiliano Colombi
Il tempo-Covid ha ridisegnato la gerarchia degli attori degni di fiducia, per le famiglie italiane: i primi tre posti sono occupati da medici e infermieri, volontariato e insegnanti. Massimiliano Colombi, Sociologo dell’Università di Macerata, ha sottolineato ciò che questi tre soggetti hanno in comune, ovvero l’esserci stati durante l’emergenza. Durante il lockdown, la dicotomia tra benessere economico e benessere sociale può essere attenuata o addirittura saltare: tutti e tre gli attori sociali hanno infatti contribuito a un’idea di benessere e richiamano un po’ tutti a una sorta di responsabilità sociale del territorio, che è importante condividere anche con la dimensione economica.
Un altro importante cambiamento riguarda gli operatori dell’area immobiliare, come ha spiegato il sociologo. Agli occhi degli operatori dell’immobiliare, infatti, è come se il mercato della casa diventasse mercato del sociale, perché ha a che fare con le relazioni tra le persone, tra le generazioni, tra i compiti di cura e i compiti educativi. Una casa pensata per vivere e non per dormire può fare la differenza in una situazione come quella che abbiamo vissuto.
Molte famiglie non pensano di farcela da sole, in questo frangente, e si immaginano inserite in un contesto sociale. Sono quelle che guardano alla solidarietà da un altro punto di vista: la condivisione di informazioni utili, le donazioni, l’impegno diretto in prima persona e la relazione tra vicini sono state infatti individuate da molti come forme di solidarietà, nel tempo-Covid, ma in una scala d’importanza da 1 a 4 nessuna di queste voci raggiunge il 3, secondo i dati dell’Indagine alle famiglie.
I rischi delle tre “trappole”
Sostenere le famiglie significa anche evitare che cadano in alcuni meccanismi che ostacolerebbero l’idea di futuro. A questo proposito, Colombi ha ricordato che si può parlare di tre “trappole” piuttosto evidenti. La prima è quella del ripristino, che corrisponde alla nostalgia di un passato già problematico – e insostenibile dal punto di vista sociale, economico e ambientale – che diventa un futuro desiderabile.
La seconda è l’attesa, l’idea di futuro che vedrà un aggiustamento automatico, con la creazione spontanea di un nuovo equilibrio.
L’ultima è la trappola del rinvio a un altro tempo delle decisioni e della delega delle responsabilità ad altri livelli della società. Ripristino, attesa e rinvio hanno un esito comune: riducono il protagonismo sociale, economico e politico delle famiglie italiane. Sono elementi che ostacolano il desiderare l’oltre, perché lo pensano in automatico, lo pensano rispetto al passato o non lo pensano affatto.
Uscire dalla casa per tornare nelle città
Nel tempo in cui la casa è diventata scuola, lavoro ma anche luogo di assistenza, è verosimile pensare che queste tre dimensioni permarranno anche nel futuro prossimo, ma nasce anche una riflessione sui luoghi necessari perché le famiglie possano rendersi conto degli apprendimenti di questo periodo. Un’altra importante considerazione del sociologo Colombi riguarda la necessaria riconciliazione tra “città di sopra” e “città di sotto”, dettata dalla loro naturale interdipendenza. Presentare la città come rete di famiglie è un modo per comprendere cosa significa essere con-cittadini. Si aprono, quindi, una serie di temi come la rigenerazione degli spazi pubblici, di quelli scolastici e di spazi dedicati alla ricostruzione dei rapporti.
Ascoltare la nuova domanda per ripensare le città – Fabrizio Barca
Il tempo-Covid, in cui tutti sono rimasti in casa, ha riaperto le differenze. Ci sono esplose in faccia le disuguaglianze che c’erano anche prima, ha sottolineato Fabrizio Barca, Economista del Forum Disuguaglianze Diversità, e che non rappresentano una novità per chi si occupa di dati, così come per chi le vive sulla propria pelle. Nel nostro Paese, 10 milioni di persone non hanno mezzi finanziari per sostenere tre mesi senza un flusso di reddito, una situazione corrosa rispetto agli anni passati. Sono aumentati i lavoratori autonomi e precari e la pandemia ha intaccato subito la capacità di reddito di circa 8-10 milioni di persone.
Restare in casa per molti ha significato anche riscoprire la pesantezza di un Paese che ha buona parte del patrimonio immobiliare vuota o sotto utilizzata, mentre un gran numero di persone non ha una casa o vive in situazioni di sovraffollamento. A questo proposito, ricorda Barca, il tasso di sovraffollamento in Italia è 2-3 volte quello degli altri paesi europei. Ma tra i problemi che sono emersi non va dimenticato il tema delle donne: ci sono state molte violenze e situazioni familiari di angherie nei confronti delle donne, che hanno patito di più questa situazione in cui si viveva e lavorava in casa. Si tratta di disuguaglianze non solo di reddito, ma di riconoscimento e di condizione, che caratterizzavano anche prima il nostro Paese.
La pandemia ha messo tutti di fronte a una situazione straordinaria, nella quale, secondo l’economista, abbiamo riscoperto dei lavori di cui ci eravamo dimenticati e che oggi apprezziamo, così come l’importanza dei servizi fondamentali: abbiamo ricompreso nuovamente che l’economia è circolare. C’è anche un nuovo anelito agli spazi, alla rarefazione di alcune aree e un diverso modo di vivere il contorno delle città. In un Paese con una forte disuguaglianza energetica, abbiamo rivalutato la possibilità di avere un’autoproduzione.
Nell’oltre Covid, bisognerà accogliere una domanda nuova, una necessità già evidenziata dall’intervento del sociologo Colombi, con cui Barca si è detto molto d’accordo. “Mi ha colpito quanto emerso dall’Indagine Nomisma e cioè che ci siano 16 milioni di famiglie che avvertono la fragilità e questa analisi 2D/3D mostra come molte di quelle famiglie non sono in cattive condizioni economiche, quindi sono avvedute”. Questa considerazione è utile per ciò che avverrà dopo, perché si riparta costruendo un’offerta imprenditoriale che risponda alle nuove domande. Se c’è una domanda di aree nuove nelle città, bisognerà dare la chance agli imprenditori di realizzarle. Bisognerà ripensare il turismo su scala territoriale; per quanto riguarda la casa, si tratta di accogliere il bisogno di balconi e giardini, ma anche di non stare soli, di dialogo con gli altri, di avere un luogo in cui parlare con i condomini. Dal punto di vista abitativo si chiede più social housing, in un Paese che ne ha solo il 4%, e per farlo è possibile ispirarsi alle esperienze che ci sono all’estero, in città come Vienna.
La reazione degli imprenditori italiani – Gian Luca Galletti
Tra gli attori fondamentali per la ripresa troviamo gli imprenditori. Gian Luca Galletti, Presidente Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, ha introdotto il suo commento partendo dal concetto di deresponsabilizzazione che ha caratterizzato l’atteggiamento di tutto il Paese: “un errore madornale, perché l’Italia non era preparata ad affrontare una crisi come questa e in quanto accaduto c’è la responsabilità di 20 anni di politica. Questo shock ha colpito la parte più debole della popolazione, per questo dobbiamo preparare i territori. Nessuno ce la può fare da solo, bisogna collaborare e la risposta non è tornare a un’economia assistenzialistica”.
In questa prospettiva, gli imprenditori non possono più pensare che basti “non fare male”, ma devono essere un motore della ripresa sociale, non soltanto economica, e diventare un importante stakeholder del territorio attraverso il welfare aziendale e la riqualificazione della città, per esempio. Oggi le imprese devono porsi anche il problema del profitto del territorio in cui agiscono: l’economia del futuro prossimo sarà basata su macroregioni, non sarà più su scala globale.
Diseguaglianze sociali e territoriali
Gian Luca Galletti ha risposto poi alla domanda del coordinatore Marco Marcatili, Responsabile Sviluppo Nomisma, sul problema delle diseguaglianze sociali e territoriali nel nostro Paese, in una prospettiva “oltre” il tempo-Covid. Galletti ha a questo proposito sottolineato che per fronteggiarle ed eliminarle non basterà più rafforzare il sistema di welfare, ma bisognerà innovarlo. Anche un sistema forte, infatti, non basta a limitare i danni di una pandemia. “Forse il nostro è troppo datato, quindi bisogna ripensarlo: penso agli asili e alle RSA, per esempio. Come rendiamo resilienti i nostri territori? Come riequilibriamo queste differenze? Possiamo ripartire da zero e anche qui gli imprenditori sono fondamentali: se si investe nei territori, lo stato è in grado di aiutarli? Trovare le risposte a queste domande sarà molto importante per disegnare il futuro”.