Rapporto Shipping Italia 2020: il contributo del settore marittimo all’economia e al benessere del Paese

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In Italia il settore marittimo (merci e passeggeri), prima della pandemia, ammontava a 12,7 miliardi di euro, ed era il quarto per capacità di attivazione sull’economia grazie agli oltre 48 mila posti di lavoro. Numeri considerevoli che riguardano la shipping industry in senso stretto e che crescono se si considera l’intero cluster marittimo il quale, secondo i dati pubblicati dall’UE, nel nostro Paese genera un valore aggiunto pari a 35,6 miliardi di euro con 408 mila occupati. Un ruolo rilevante anche dal punto di vista ambientale, grazie alla sua funzione di alternativa alla mobilità stradale, e sociale, in virtù della continuità territoriale garantita dai quotidiani collegamenti con le isole, dove vivono 6,6 milioni di persone. 

É quanto emerge dal primo Rapporto Shipping Italia 2020, realizzato da Nomisma per Assarmatori e presentato il 18 marzo in occasione del webinar organizzato da Conftrasporto-Confcommercio e Assarmatori, dal titolo “Lavoro marittimo e investimenti nello scenario post Covid: Shipping, un motore per la ripresa e per il lavoro”. Si tratta di un lavoro scientifico, basato su più fonti e dati ufficiali, presentato ad esponenti del Governo e del Parlamento da Gualtiero Tamburini, senior economist di Nomisma, e Chiara Pelizzoni, senior analyst e project manager, per rimarcare il contributo economico e sociale in termini di reddito, consumi, imposte e lavoro del settore marittimo in Italia. 

Come si poteva prevedere, la pandemia ha letteralmente travolto questo settore, uno dei più penalizzati dal lockdown. Il dato Assoporti sui movimenti portuali 2020, infatti, ha evidenziato un annus horribilis per il trasporto passeggeri, che ha registrato in tutti i segmenti dolorose flessioni, in particolare per le crociere (-94,6%), i traghetti (-46,7%) e i trasporti locali (-49,2%). Solo il trasporto merci ha segnato un lieve incremento, nel segmento container, in termini di tonnellate trasportate (+2,7%). Ma questo non deve pregiudicare o sminuire il ruolo strategico della Shipping Industry, fondamentale per il sistema Paese e la sua ripresa post pandemia.

Il ruolo strategico e le ricadute sul sistema Paese della Shipping Industry secondo l’indagine Nomisma

Il Rapporto Shipping Italia 2020 ha presentato i dati sull’occupazione e gli investimenti nel settore con un focus sul regime di sostegno e sui suoi ritorni sull’economia e sulla società italiana, con l’obiettivo di evidenziare il ruolo strategico e il peso del trasporto marittimo nel nostro Paese. Hanno aperto la tavola di confronto – alla quale ha partecipato anche il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili Enrico Giovannini – il saluto del Presidente di Conftrasporto Paolo Uggè e il discorso introduttivo del Presidente di Assarmatori Stefano Messina.

Lo studio di Nomisma ha esaminato in primo luogo l’apporto della Shipping Industry all’economia nazionale e le sue ricadute sul sistema Paese, analizzando i seguenti aspetti:

  • il contributo alla formazione del valore aggiunto, all’interscambio commerciale e alla spesa del turismo internazionale in Italia;
  • l’impatto delle imposte ambientali e i benefici economici derivanti dal risparmio di Co2 derivante dall’operatività delle “Autostrade del Mare”;
  • il gettito derivante dalla tassazione sia direttamente generata dal fatturato di settore, sia indirettamente dal volume dei dazi doganali dell’import, oltre alla tassazione portuale e di ancoraggio;
  • l’impatto diretto, indiretto e indotto sull’intera economia italiana in termini di produzione e occupazione.

Le ricadute sociali: continuità territoriale, collegamenti e occupazione

Il primo ambito preso in considerazione dall’indagine Nomisma riguarda le ricadute sociali della shipping industry sulla collettività. Sono 6,6 milioni gli italiani che vivono sulle isole e ai quali è garantito un collegamento con il resto del Paese grazie al trasporto marittimo, mentre 26 milioni sono i passeggeri che, nel corso del 2019, hanno effettuato spostamenti entro le 20 miglia. Il settore, inoltre, può contare su 48.800 unità lavorative annue (ULA), che per effetto delle rotazioni degli equipaggi significa un coinvolgimento ogni anno di oltre 66 mila lavoratori. Numeri che insistono all’interno di un trend positivo registrato negli ultimi cinque anni (2014-2019), sia per quanto riguarda il traffico Ro-Ro (+23,8%), sia per il traffico Ro-Pax (+18,5%).

Ricadute ambientali

Non meno importanti in questo momento storico le ricadute ambientali del trasporto marittimo. Nel 2017, infatti, le Autostrade del Mare hanno movimentato 1,5 miliardi di veicoli/km, di cui il 47% (709 milioni di veicoli) su tratte nazionali di corto e medio raggio che sarebbero potute essere coperte dal trasporto stradale. Questo ha generato un risparmio in costi esterni stimato in 264,2 milioni di euro in termini di inquinamento atmosferico, cambiamento climatico, incidentalità, congestione e rumore.

Ricadute economiche

Il trasporto marittimo è una infrastruttura portante per l’interscambio commerciale del Paese, con una quota dell’import attestata al 56% e una significativa quota export del 43%. Il valore della produzione ammonta a 12.670 milioni di euro, forte di una occupazione di 48.807 ULA: numeri che fanno dello shipping il quarto settore per capacità di attivazione sull’economia, con un impatto totale di 37.630 milioni di euro

Analizzare le ricadute positive del settore marittimo sull’intera economia nazionale diventa pertanto determinante per consentire una valutazione corretta dell’opportunità di assicurare il sostegno pubblico al settore stesso.

Agevolazioni fiscali e contributive: il “Registro Internazionale”

Il Rapporto Nomisma non si limita a illustrare le ricadute dell’industria marittima sull’economia italiana, ma fornisce anche una visione d’insieme dell’impatto (diretto, indiretto e indotto) di queste ricadute, compreso l’effetto moltiplicatore attivato col sostegno dello Stato. 

Innanzitutto, per far fronte al rischio di delocalizzazione delle compagnie di navigazione in favore di paesi con una bassa imposizione fiscale e per contenere la concorrenza di chi presenta condizioni contrattuali più favorevoli, il settore beneficia di agevolazioni fiscali e contributive. Il “Registro Internazionale”, istituito dalla legge n.30 del 1998, garantisce:

  • il mantenimento in Italia delle imprese armatoriali, per evitarne la de-localizzazione con la conseguente perdita non solo di importanti livelli occupazionali, ma anche delle competenze tipiche del settore marittimo per le quali il Paese è stimato in tutto il mondo;
  • la salvaguardia dell’occupazione della gente di mare, una mission di elevata valenza sociale tenuto anche conto che, in determinati territori, intere comunità vivono in gran parte del lavoro dei marittimi.

La misura più nota introdotta dal legislatore è l’imposta sul tonnellaggio della nave (Tonnage Tax) in alternativa ad un regime agevolato di imposta sul reddito. Il lavoro marittimo è quindi incentivato dalla norma che prevede che la contribuzione sociale e l’assicurazione sugli infortuni del personale a bordo delle navi iscritte al Registro Internazionale sia a carico dello Stato e dal credito di imposta riconosciuto al datore di lavoro e pari al prelievo sul reddito alla fonte. Per l’anno in corso, per la Tonnage Tax sono stati stanziati 40,5 mln di euro e per il credito d’imposta sul reddito delle persone fisiche per i marittimi imbarcati sulle navi iscritte al Registro Internazionale 113,8 milioni di euro. Ammonta a circa 365 milioni di euro il costo per lo sgravio del personale di bordo erogato nel 2018. A tali risorse si aggiunge l’incentivo Marebonus (stimabile per la parte destinata agli armatori in 14,7 mln di euro, il 30% dell’importo stanziato).

L’impatto sulla collettività dell’aiuto alla shipping industry

Dai risultati del rapporto Nomisma risulta che il sostegno pubblico alla shipping industry “ritorna” alla collettività attraverso l’impatto economico e occupazionale che il settore genera su tutta l’economia nazionale. Il settore marittimo italiano, infatti, preservato dal sostegno Statale, è caratterizzato da una forte capacità di attivazione sull’economia grazie ad un coefficiente elevato, pari a 2,97: il che significa che, per ogni euro investito nello shipping, se ne genera il doppio nel complesso nazionale. A fronte, quindi, di una produzione diretta di 12.670 milioni di euro, nel 2019 lo shipping italiano ha generato un impatto di 37.630 milioni di euro, dei quali 18,5 mld si devono agli effetti indiretti e 6,4 mld all’indotto. Un impatto che rappresenta il 2,1% del PIL italiano. Molto forte è anche l’impulso nel campo occupazionale: il settore, infatti, oltre alle 48.800 unità lavorative annue (ULA) direttamente impiegate, ne attiva altre 129 mila nei comparti collegati (indiretto e indotto), per un totale di 177.657 ULA.

Ma se da un lato lo Stato sostiene dei costi per salvaguardare il trasporto marittimo, dall’altro ottiene ricavi diretti dal gettito fiscale. Il settore, nel 2019, ha versato nelle casse dello Stato 326 milioni di euro di imposte; e non sono da meno, i circa 1,5 miliardi di euro costituiti dai dazi sulle merci imbarcate e sbarcate nei porti nazionali. Anche limitandosi al ritorno economico dagli sgravi contributivi garantiti al personale di bordo delle navi che beneficiano dell’aiuto di Stato, si può rilevare un saldo attivo. Si può stimare, infatti, che i 23.639 marittimi imbarcati (dati 2018) diano luogo a una produzione diretta, indiretta e indotta pari a 14,6 miliardi di euro e attivino altri 62 mila occupati lungo tutta la filiera dell’economia.

E se il regime di aiuto fosse esteso alle navi europee?

Il rapporto analizza, in conclusione, i prevedibili impatti della estensione del regime di aiuto – ai sensi della legge n. 30/1998 – introdotta dalla Commissione Europea lo scorso anno. Con una decisione dell’11 giugno 2020, la Commissione ha approvato, fino alla fine del 2023, la proroga delle misure italiane di sostegno del settore del trasporto marittimo internazionale richiedendo tuttavia una serie di adeguamenti, il più importante dei quali è l’estensione dei benefici a tutte le navi che battono bandiera di un Paese dell’UE o dello Spazio Economico Europeo (SEE). Una condizione che potrebbe favorire l’aumento dell’occupazione marittima italiana con ricadute positive sull’economia nazionale. Si creerebbero, infatti, nuove occasioni di lavoro soprattutto nel mondo delle crociere, settore nel quale il personale italiano – sia quello impegnato a bordo, sia quello dedicato ai servizi accessori – è molto richiesto dalle compagnie internazionali che gestiscono oltre il 95% della flotta mondiale e che hanno ed avranno sempre più navi battenti bandiera dell’Unione o dello Spazio Economico Europeo.

Il rapporto Nomisma stima quale sarebbe l’impatto di un incremento del 10% dei marittimi che oggi beneficiano dell’aiuto, tenendo conto del costo medio della agevolazione pro capite. A fronte di un costo per lo Stato di 36,5 milioni di euro per 2.364 nuovi occupati, vi sarebbe un’attivazione della produzione nazionale lungo tutta l’economia pari a circa 1,5 miliardi di euro. Gli occupati aggiuntivi attiverebbero ulteriori 6.200 ULA per un totale di 8.600 nuovi lavoratori. Si stimano poi in circa 106,4 milioni di euro i redditi lordi che sarebbero generati nel complesso, con una ricaduta sulla capacità di spesa delle famiglie coinvolte pari a 62,5 milioni di euro, oltre a quanto destinato a risparmio. Il tutto senza considerare l’esistenza di una posizione contributiva attiva a fronte di una inattività lavorativa o di un salario pagato da armatore straniero nell’ambito di un rapporto di lavoro retto da regole contributive nulle o di risibile valore.

Rapporto Shipping Italia 2020 di Nomisma e l’interpretazione degli scenari socio-economici

Come abbiamo visto, l’indagine Nomisma ha messo in luce il ruolo strategico del settore marittimo per il nostro Paese, evidenziando le ricadute positive in ambito non solo economico ma anche sociale, occupazionale e ambientale. Per informazioni  segreteria@nomisma.it

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