Il futuro del packaging svelato dall’Osservatorio Out-of-the-box: non più solo una scatola ma un vettore di informazioni ed emozioni

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“Oggi iniziamo un racconto, il racconto di un Osservatorio sul packaging, partendo dagli italiani, ovvero dalle persone, dalle loro idee e dalle emozioni che una scatola può trasferire o generare nelle anime e nelle menti”. È Furio Camillo, Docente di Statistica Economica all’Università di Bologna e Responsabile scientifico di Glaxi ad aprire la conferenza di presentazione dell’Osservatorio Out-of-the-Box realizzato per Ghelfi Ondulati, anticipando il tema dell’evento – suggestivo e a tratti perfino visionario – ovvero quello del packaging come veicolo di emozioni e informazioni.

Già in un primo articolo abbiamo analizzato i dati dell’Osservatorio Out-of-the-Box realizzato da Nomisma e Glaxi e capito in che modo il packaging innovativo possa incrementare la sicurezza e la shelf life del prodotto agli occhi del consumatore. Ora, invece, ci soffermeremo sugli interventi che hanno arricchito l’evento, partendo dalla presentazione del magazine Out-of-the-Box che ha ispirato l’Osservatorio.

Inizieremo il racconto con le riflessioni di Paolo Iabichino, affermato Creative Director, e lo proseguiremo con le parole di Valentina Adorno, direttrice di ricerca Glaxi, di Furio Camillo e di Beppe Ghelfi.

“La scatola diventa uno stargate attraverso il quale ogni brand può innescare una relazione con le persone” – Paolo Iabichino

Una vera e propria lectio magistralis sulla comunicazione creativa in ambito industriale. Paolo Iabichino, Creative Director, ha inaugurato il suo intervento ripercorrendo la genesi del progetto Out-of-the-Box. “Come sarà il packaging nei prossimi 30 anni? Il magazine Out-of-the-Box è nato dopo questa domanda che mi formulò due anni fa Beppe Ghelfi, un imprenditore che già allora vedeva un futuro sostenibile in continuo cambiamento e da decifrare. Quel giorno concordammo che il packaging dovesse essere letto in altro modo”. Per questo Out-of-the-Box è un progetto culturale, un modo per raccontare l’industria dell’imballaggio: le tendenze, gli scenari, la creatività. “Il magazine, curato da Panama Design”-ha sottolineato il creativo – “raccoglie tutto quello che c’è di bello in questa industria”.

“Esiste un link tra packaging e persone, una dialettica che nessuno avrebbe mai immaginato”

Nel passaggio di testimone dal magazine all’Osservatorio Out-of-the-Box si sono aperti scenari inaspettati. “Immaginate la mia emozione” – ha proseguito Iabichino – “nel tenere a battesimo una ricerca che indaga il link fra il packaging e le persone, l’esperienza che trasferiscono all’ultimissimo miglio della scelta d’acquisto, quando la scatola entra in dispensa o in frigorifero e incomincia così una relazione inaspettatacon il consumatore”. Nessuno può immaginare che le persone ripongano nella scatola un’aspettativa che esce dalla logica funzionale del mero contenitore per entrare in una di tipo narrativo che il brand, piccolo o grande, può mettere in circolazione, come un passepartout. “La scatola, al di là del design, del materiale, della protezione della merce, diventa quindi uno stargate, un portale attraverso cui ogni marca può innescare un cortocircuito relazionale con le persone che in quel momento sono in contatto con lei”.

“Packaging e marketing: la scatola come oggetto di fidelizzazione”

Dal packaging al marketing il passo è breve. “Il packaging è sempre stato correlato al marketing” – ha aggiunto Iabichino – “ma fino a poco tempo fa era sottovalutata la possibilità di raccontare tutto quello che la scatola è in grado di fare: attraverso essa possiamo, ad esempio, comunicare i dati con un QR code, tracciare la filiera, rassicurare i consumatori sulla provenienza delle merci”. Il primo aspetto che emerge dalla ricerca, pertanto, è quello di valorizzare il packaging non solo come espressione creativa ma come approfondimento.

L’altro è quello relazionale, dove si gioca la partita delle emozioni: “oggi, soprattutto i giovani, stabiliscono una connessione di tipo emotivoe valoriale con lemarche che scelgono, fissando dei veri e propri patti fiduciari. Se ti comporti in un certo modo, se i tuoi valori risuonano con i miei, allora scatta una relazione empatica, che attecchisce nella zona più antica del cervello. Allora si innesta un legame più forte, ci si riconosce e inizia un percorso: il packaging diventa quindi un oggetto di fidelizzazione, un contenitore con il quale ogni marca dialoga con il proprio pubblico”.

“Out-of-the-Box è un progetto nobile, per fare cultura, elevare il settore e aiutare il mondo in un momento di emergenza”

La funzione dell’Osservatorio è stata chiarita nella conclusione di Iabichino: “Out-of-the-Box era ed è un progetto nobile, partito fra lo scetticismo di chi non vedeva un ritorno dell’investimento. Quando fu concepito, non aveva l’obiettivo di vendere più scatole, ma serviva a fare cultura, a beneficio anche dei competitor”. Out-of-the-Box, nato come magazine, oggi diventa anche un Osservatorio grazie al lavoro di un team che indaga la relazione fra i consumi, il sentire degli italiani e il contenitore.

“Mi piace pensare che il packaging sia interpretato come una televisione e che il telecomando diventi la scelta di consumo” ha chiosato il relatore. Il contenitore del resto è uno degli oggetti di comunicazione più antichi, perché da sempre le merci hanno avuto bisogno di essere confezionate: oggi questa “archeologia” diventa contemporanea grazie a una tecnologia che ci permette di amplificare le narrazioni.

Il progetto, pertanto, ha “un’intelligenza strategica di grande insegnamento” nelle intenzioni di chi l’ha voluta, ispirata e finanziata, senza un preciso tornaconto, se non quello di comprendere e analizzare dove sta andando il mondo e cosa si può offrire per migliorarlo in questo momento di emergenza – non solo sanitaria – e di grandi cambiamenti sociali e culturali.

“Le persone al centro della ricerca” – Valentina Adorno

Concluso l’intervento di Paolo Iabichino, Valentina Adorno, Direttrice di ricerca Glaxi, ha illustrato l’essenza della ricerca: “le persone nel panel di Glaxi sono centrali: entrano in gioco pensieri, sentimenti, emozioni, valori, attitudini e, grazie a questi parametri, possiamo leggere aspetti intangibili come la fedeltà e la sostenibilità. Preferiamo parlare di persone e non di consumatori. La scatola diventa un punto di contatto, da funzionale a emozionale”.

Il panel permanente di Glaxi è lo strumento che consente di identificare i cluster con una profilazione valoriale dei componenti, insieme ai loro gusti, alle loro emozioni e ai brand preferiti. Un laboratorio psico-socio-analitico che coinvolge un campione di 6mila persone, sottoposto a numerosi stimoli provenienti dalla ricerca psico-sociale e psico-metrica.

“Dimmi il tuo packaging, ti dirò chi sei” – Furio Camillo

“Il panel elaborato da Glaxi è il laboratorio sul quale conduciamo esperimenti sociali” – ha spiegato Furio Camillo, docente universitario e responsabile scientifico di Glaxi – “per comprendere le ragioni dei vari comportamenti umani, mediante il monitoraggio dell’amigdala e la ricostruzione di modelli psicometrici”. Risalire a questi modelli permette di parlare in modo più mirato alle persone, senza vendere ma fidelizzando l’utente e aumentando la brand reputation.
In quest’ottica, la scatola rappresenta “una navicella con cui l’oggetto arriva nelle nostre mani. Un elemento in più rispetto al contenuto, un touch point fisico, non digitale, che risveglia l’aspetto sensoriale”.

I quattro cluster dei cittadini-consumatori Personas “naturali”

L’Osservatorio Out-of-the-Box – coadiuvato dal panel permanente Glaxi – è partito dall’analisi dei cittadini-consumatori che stanno “fuori dalla scatola” per modellare e monitorare – relativamente al packaging – le aspettative dell’utente “nonostante” il COVID-19.

Uno degli obiettivi primari della ricerca è stato quello di costruire un set di segmentazioni “naturali” proprietarie degli italiani, le “personas”, basate sugli aspetti di percezione, di opinione, di emozione, di senso e di bisogno collegati al packaging dei prodotti.

L’Osservatorio si è inoltre concentrato sulle caratteristiche di un packaging considerato dagli italiani innovativo per i prodotti alimentari confezionati e ha identificato quattro segmenti che mettono in relazione preferenze e caratteristiche psicografiche degli individui analizzati.

Cluster “Scatola scrigno” (26%)

  • IL PACKAGING “DEVE” SALVAGUARDARE LA DURABILITÀ E LA SICUREZZA DEL PRODOTTO
    Grazie all’uso di materiali e tecnologie all’avanguardia e a processi innovativi

  • LA FUNZIONE DEL PACKAGING INNOVATIVO VIENE PERCEPITA IN OTTICA MATERIALISTA
    In tal senso può pragmaticamente veicolare sconti e premi.
  • GRADISCE LO STILE “SPECIAL” (EDIZIONI SPECIALI) DEL PACKAGING
    Prevalentemente si concentrano nel Nord Est, i valori guida sono il lavoro e la famiglia, ma anche la tranquillità, non si tratta di soggetti (fortemente) sensibili ai temi ambientali.

Cluster “Scatola involucro” (28%)

  • UN SEGMENTO DALL’APPROCCIO PRAGMATICO E FUNZIONALE ALLA RICERCA DELLA DURABILITÀ DEL PRODOTTO GRAZIE A TECNOLOGIE E MATERIALI AD HOC
    Solo dopo che si è percepita la qualità e la freschezza del prodotto si ricerca il contatto col produttore, ma solo per una garanzia in più.

  • SI TRATTA DI PERSONE PER CUI LA TUTELA DELL’AMBIENTE È, IN GENERALE, IMPORTANTE

  • UN SEGMENTO CHE PREDILIGE UNO STILE DI PACKAGING “ECOLOGICO” O “ETICO-SOLIDALE”

Cluster “Scatola telefono” (10%)

  • UN PACKAGING PER ENTRARE DIRETTAMENTE IN CONTATTO CON IL PRODUTTORE, ACQUISIRE LE INFORMAZIONI D’USO, DI ORIGINE E SENTIRE LA “STORIA” DI CHI LO PRODUCE
    La prima tipologia non pensa che il pack innovativo debba essere tale per informare il consumatore o mantenere meglio i prodotti.
  • UN PACKAGING CON PREMI E SCONTI PER FAVORIRE LA PROVA ED INSTAURARE UN RAPPORTO DI FIDUCIA
    La fedeltà mentale può nascere solo dalla soddisfazione e dalla fedeltà
    comportamentale.
  • UN SEGMENTO CARATTERIZZATO NEL CENTRO ITALIA IN CONTESTI NON METROPOLITANI
    Si preferisce la prossimità, rassicura comprare nei mercati rionali o botteghe di quartiere piuttosto che recarsi ai grandi centri commerciali.
  • UN SEGMENTO ISTRUITO, CHE PREDILIGE UNO STILE DI PACKAGING “SALUTARE”
    Uno stile in linea con l’attitudine al bene comune e a porre attenzione all’origine dei prodotti di consumo, specie quelli alimentari.

Cluster “Scatola piazza” (35%)

  • UN PACKAGING INNOVATIVO PER ESSERE INGAGGIATI IN UNA COMMUNITY E IN GRUPPI DI DISCUSSIONE, A FRONTE DI UNA RICOMPENSA.

  • UN SEGMENTO DI FOLLOWER PIÙ CHE DI INFLUENCER
    Più modaioli degli altri segmenti, il loro stile di vita volge alla rete e ai social network.

  • RISIEDONO PRINCIPALMENTE NEL SUD ITALIA, SONO LEGATI AL RISPETTO DELLE TRADIZIONI
    Fra i valori personali non c’è la difesa dell’ambiente, forte il legame per le tradizioni, da parte di tutti, giovani generazioni comprese.

Ad ogni segmento il suo packaging 

A ciascun cluster corrispondono nove stili di pack preferiti: bold (16,84%), premium (16,46%), ecologico (15,82%), biologico-organic (12,86%), special (9,96%), etico-solidale (9,40%), salutare (8,88%), fun (5,96%), everyday (3,83%).

In questo momento storico lo stile bold, colorato e fantasioso vince, ma anche quello premium, legato al lusso, registrano un’alta percentuale di apprezzamento. Gli stili ecologici ed etico-solidale passano attraverso elementi valoriali che non si limitano all’ambiente ma coinvolgono concetti come la solidarietà, la salute, la premura, mentre lo stile premium non riguarda solo il lusso ma comprende gli aggettivi “professionale” e “disciplina”.

Lo strumento per identificare queste relazioni è il quadro semiotico, una mappa di corrispondenze tra parole piene e pack.

“Questo ci dimostra che il gradimento dei messaggi nel packaging è legato agli elementi di decodifica che stanno nei valori delle persone” – ha spiegato Furio Camillo – “In conclusione, dimmi come rispondi alle parole del nostro modello e ti dirò qual è il pack che ami e quali sono i tuoi valori”.

“Il valore del packaging di domani sarà nel servizio, nelle informazioni che la scatola fornirà al consumatore e a tutta la filiera” – Beppe Ghelfi

Per Beppe Ghelfi molte confezioni da semplici contenitori sono diventate oggetti vivi e pieni di informazioni nascendo prima del prodotto che contengono ed esaurendo la loro funzione a casa del consumatore.

Secondo l’imprenditore, il packaging oggi è phygital (neologismo nato dall’interazione di fisico e digitale) e il valore dell’imballaggio di domani risiederà nel servizio, che in momenti e per interlocutori diversi fornirà informazioni efficaci e personalizzate grazie alla tecnologia, ma soprattutto grazie alla condivisione dei dati: “le scatole di domani sono caravelle pronte a farci navigare nei dati della filiera e questa è la chiave per limitare gli sprechi, migliorare la gestione degli ordini e delle scorte. Va sostenuta la condivisione fra aziende e stakeholder perché solo così si aggiungono ogni giorno nuove barche, perché ciascuna può aiutare le altre e tutte insieme migliorano il mondo dei nostri figli”. 

In Italia, solo nell’agro-alimentare lo spreco vale 15 miliardi di euro, quello di filiera oltre 3 miliardi, il 20% del totale. Per l’imprenditore, quindi, è necessario agire ripensando, ad esempio, all’uso dei dati nella catena del prodotto e del servizio, dalla fabbrica 4.0 che lo produce con tecnologie nuove alla logistica IoT che lo gestisce con meno sprechi e più sicurezza per l’utente smart. “Non occorrono milioni di euro di investimenti” – conclude infine – “bastano un codice variabile sul pack e una landing page per associare significati differenti in momenti diversi”.

L’esempio citato riguarda il Consorzio della Ciliegia di Vignola, per il quale Ghelfi Ondulati ha prodotto scatole che tracciano singolarmente il prodotto contenuto indicando dove, quando e chi lo ha raccolto. Il produttore, infatti, scarica l’App sviluppata da Ghelfi Ondulati e inquadrando il QR Code, univoco sulla scatola, carica le informazioni di raccolta in maniera tracciata e sicura. Questo dà garanzia al consumatore, al Consorzio e all’intera filiera.

L’intervento di Beppe Ghelfi si è concluso con una provocazione e una riflessione: “basterebbe incrociare il dato di raccolta con quello dell’INPS per garantire che una scatola di frutta sia stata riempita senza ricorrere al lavoro irregolare. La tecnologia, come l’economia, sono un mezzo non un fine. Con gli occhi aperti e i piedi per terra dobbiamo sognare. E sognare un mondo migliore”.


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