La crescita del settore farmaceutico italiano, primo in Europa per il numero di imprese coinvolte, rischia di frenare per la carenza di materie prime e per i colli di bottiglia che gravano su tutta la catena del valore.
È l’allarme lanciato dall’”Osservatorio sul sistema dei farmaci generici”, realizzato da Nomisma per Egualia (già Assogenerici), presentato in diretta streaming a fine 2021 da Barbara Gobbi (Sanità 24 – Il Sole 24 Ore) con la partecipazione di Lucio Poma, chief economist di Nomisma, Giovanni Tria (consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico), Michele Uda, Direttore Generale Egualia – Industrie Farmaci Accessibili, Massimiliano Rocchi, vicepresidente delegato al canale ospedaliero Egualia – Industrie Farmaci Accessibili, Alessandro D’Arpino (vicepresidente SIFO) e Salvatore Torrisi (presidente FARE).
Il rapporto, curato da Lucio Poma (coordinamento scientifico), Maria Cristina Perrelli Branca, Boris Popov e Paola Piccioni, si articola in due sezioni di analisi:
- la prima dedicata ai tre capitoli continuativi dell’Osservatorio (l’industria farmaceutica in Italia, le imprese di farmaci generici e il mercato);
- la seconda rivolta ai due focus tematici annuali sviluppati per l’edizione 2021 (la complessità della catena del valore e il sistema delle gare pubbliche).
In particolare, l’Osservatorio del 2021 prosegue il monitoraggio del mercato dei farmaci generici avviato nelle edizioni precedenti e approfondisce un tema al centro del dibatto dell’industria del Pharma ma su cui la pandemia ha acceso i riflettori: l’approvvigionamento dei farmaci e gli ostacoli al soddisfacimento dei reali fabbisogni.
Approfondiamo in questo articolo i dati emersi dall’Osservatorio e le strategie proposte da Nomisma per supportare le imprese farmaceutiche.
L’industria farmaceutica in Italia: un settore in buona salute, dove prevalgono le imprese medio-grandi
Il primo capitolo dell’Osservatorio è incentrato sull’andamento del settore farmaceutico, con riferimento alla struttura dimensionale delle imprese, alla base occupazionale, alla produzione e al valore aggiunto, agli investimenti effettuati e all’orientamento all’export.
Nel panorama manifatturiero nazionale, il comparto farmaceutico si contraddistingue per una preponderanza di imprese di medie e grandi dimensioni, rispetto agli altri comparti. “Se sul totale delle imprese manifatturiere l’81,3% ha meno di 10 addetti, la percentuale scende al 37% per le imprese del farmaco, mentre la somma delle medie e grandi imprese raggiunge il 42,1%. Alle imprese farmaceutiche con oltre 250 addetti si deve inoltre l’82% del fatturato, una quota di gran lunga superiore rispetto a quella del totale della manifattura, che si attesta al 46,1%. Sommando alle grandi imprese le medie, la quota di fatturato realizzato dalle aziende con oltre 50 addetti raggiunge il 96,9%, contro il 71,4% del totale manifatturiero. In un decennio, dal 2008 al 2018, il comparto farmaceutico si è ulteriormente strutturato portando la quota di fatturato delle grandi imprese dal 77% all’82%” – ha illustrato Lucio Poma.
Il settore farmaceutico è in buona salute. Lo si evince innanzitutto dal dato occupazionale, che vanta una crescita ininterrotta dal 2014, pari al 13% in sei anni. Al 2020, nelle imprese farmaceutiche localizzate in Italia sono impiegati circa 67.000 occupati, che rappresentano l’1,7% dei lavoratori del complesso del settore manifatturiero. “Nell’ultimo anno il comparto farmaceutico ha registrato la crescita occupazionale più consistente tra tutti i comparti manifatturieri (+1,8%), in controtendenza con la media manifatturiera, che ha evidenziato una decrescita pari al -0,6%. Focalizzando l’attenzione sull’ultimo decennio, il comparto è uno dei pochi (insieme ad alimentare, macchinari ed apparecchiature e chimica) a segnare un incremento occupazionale. La farmaceutica cresce, infatti, del 3,6% in controtendenza rispetto alla manifattura che registra una perdita del 5,7% della propria base occupazionale” – ha spiegato Lucio Poma.
Un ulteriore elemento peculiare del settore farmaceutico è l’elevato valore aggiunto per addetto: 139 mila euro nel 2020, di gran lunga superiore a quello degli altri comparti, davanti alla chimica (92 mila euro per occupato) e più che doppio rispetto alla media manifatturiera (58 mila euro). Tuttavia, rispetto all’anno precedente il numero è calato del -5,7%, frutto della contrazione del valore aggiunto da un lato e della crescita del numero degli occupati dall’altro. “La flessione del 2020 deve essere interpretata nel contesto della pandemia, dove il comparto farmaceutico è stato comunque più resiliente rispetto a quello manifatturiero: a dimostrazione di ciò, nonostante la flessione che il valore aggiunto farmaceutico ha registrato in valori assoluti, la sua incidenza sul totale manifatturiero è cresciuta dal 3,8% del 2019 al 4,1% del 2020”.
Osservando i dati dal 2008 al 2019 il settore farmaceutico è stato quello che ha registrato la maggiore crescita del valore della produzione (+7,1%), in con- trotendenza rispetto all’andamento manifatturiero complessivo, il cui corrispondente valore si è contratto di oltre il 9%; di conseguenza l’incidenza della quota di produzione farmaceutica su quella totale manifatturiera è aumentata, passando dal 2,3% del 2008 al 2,7% del 2019.
“Secondo le stime di Farmindustria, con 2,3 miliardi di euro di medicinali prodotti e una quota sulla produzione totale UE pari al 23%, l’Italia è leader a livello europeo, davanti a Germania (2,1 miliardi di euro), Francia (1,9 miliardi di euro) e Regno Unito (0,8 miliardi di euro)”.
A differenza di altri settori produttivi, le imprese del farmaceutico non hanno smesso di investire. L’Osservatorio, infatti, ha rilevato una buona propensione all’investimento, che nel decennio ha comportato una crescita dell’incidenza degli investimenti farmaceutici sugli investimenti totali manifatturieri di mezzo punto percentuale (dal 2,9% del 2008 al 3,4% del 2019).
Anche dal punto di vista dell’export il settore farmaceutico si conferma in controtendenza ed è stato l’unico, insieme a quello alimentare, a segnare una crescita (+3,8% rispetto al 2019) che lo ha confermato il sesto comparto per valore dell’export nazionale. Al 2020 le esportazioni del farmaceutico valgono 33,9 miliardi di euro con un tasso di crescita nei dodici anni presi in esame straordinario: +184%. “L’incremento delle vendite all’estero dei prodotti farmaceutici nell’ultimo anno e la contemporanea contrazione delle esportazioni manifatturiere fanno sì che si verifichi in un solo anno un aumento di oltre un punto percentuale della quota dell’export del comparto farmaceutico su quello manifatturiero, che passa dal 7,1% nel 2019 all’ 8,2% nel 2020. La maggiore intensità di crescita delle esportazioni farmaceutiche rispetto a quelle manifatturiere complessive comporta una continua ascesa delle quote di esportazioni di questo comparto sul totale delle esportazioni italiane. Se nel 2008 le esportazioni di settore pesavano per il 3,4% su quelle manifatturiere, nel 2020 tale valore risulta più che raddoppiato, superando la soglia dell’8%”.
Le imprese di farmaci generici crescono di più di quelle che producono farmaci non generici
Il secondo capitolo dell’Osservatorio si è focalizzato sulle imprese di farmaci generici, evidenziando le ricadute di questo segmento sul sistema economico e occupazionale complessivo. L’indagine ha esaminato le principali voci di bilancio di 335 società di capitali, divise in 81 imprese di farmaci generici e 254 imprese di farmaci non generici.
“Osservando l’andamento del volume d’affari delle imprese di farmaci generici si nota una crescita strutturale tra il 2014 e il 2019: i ricavi sono aumentati (+8% ogni anno, +47,9% complessivamente), attestandosi nel 2019 a oltre 4,3 miliardi di euro. Le imprese di farmaci non generici, invece, hanno segnato una crescita meno vigorosa (+21,8% nel periodo 2014-2019, +4,5% di media annuale), accentuata negli ultimi due anni. Una dinamica simile si registra osservando l’andamento dell’occupazione: nel periodo 2014-2019 l’incremento supera il 31% tra le imprese di farmaci generici, mentre si ferma al 9,3% per i non generici, con una forbice differenziale che cresce nel nel biennio 2018-2019. A fronte di un tale evoluzione, il numero di dipendenti che opera all’interno delle imprese di farmaci generici si attesta a fine periodo ad oltre 8.600 unità, 400 in più rispetto all’anno precedente” – ha illustrato Lucio Poma. Nonostante un volume di ricavi che cresce a un ritmo più sostenuto, le imprese di farmaci generici presentano una minor capacità di generare redditività rispetto alle società che si occupano di farmaci non generici. Il margine operativo lordo (EBITDA) registra una tendenza, rispetto ai ricavi, strutturalmente meno performante per le imprese di farmaci generici oscillando nel periodo 2014-2019 tra il 10,6% del 2019 e l’11,3% ( 2017). Le imprese che si occupano di farmaci non generici, invece, mostrano valori costantemente superiori, attestandosi al 15,1% nel 2019, segnalando una distanza di redditività che tende ad amplificarsi.
L’impatto positivo del settore farmaceutico sulla filiera (e sul Paese)
I benefici generati del settore farmaceutico non si limitano a quelli originati in maniera diretta dalle imprese del comparto – sia in termini di produzione che di occupazione – ma hanno un impatto su tutta la filiera, che a sua volta fa leva anche sulle imprese di altri settori economici e pertanto sul sistema Paese. “L’Osservatorio ha preso in esame un gruppo di 199 officine medicinali autorizzate AIFA, e di un sottogruppo dello stesso, costituito da 45 imprese associate ad Egualia. Rispetto alle prima, in termini di valore della produzione l’impatto complessivo generato sull’economia nazionale da questo gruppo di imprese è pari a 71,6 miliardi di euro, fra ‘effetto diretto’ (24,6 miliardi di euro), ‘effetto indiretto’ (24,1 miliardi di euro) e ‘indotto’ 22,9 milioni di euro” – spiega Lucio Poma. Le ricadute coinvolgono anche il piano occupazionale, il cui beneficio a livello complessivo ammonta a circa 239 mila posti di lavoro, fra occupati (59 mila), indiretti (83 mila) e legati all’indotto (97 mila).
Uno scenario positivo, quindi, che si conferma per il sottogruppo delle 45 imprese associate ad Egualia: l’analisi mostra un impatto complessivo di circa 8,0 miliardi di euro per quanto concerne il valore della produzione, che coinvolge oltre 39 mila occupati (9 mila dipendenti e 30 mila fra indiretto e indotto).
Il mercato farmaceutico: nel 2020 cala la spesa pubblica in favore di quella privata, mentre prosegue la crescita dei farmaci generici
Nel 2020 la spesa farmaceutica territoriale totale, pubblica e privata, ammontava a 20,5 miliardi di euro, in diminuzione del 2,6% rispetto all’anno pre-pandemico (2019), allineandosi a valori simili a quelli del 2018. Sono le premesse del terzo capitolo dell’Osservatorio, che ha preso in esame il mercato italiano, con specifiche sul canale della farmaceutica e su quello ospedaliero.
“La spesa territoriale pubblica è stata pari a 11,9 miliardi di euro registrando un decremento del 3,0% rispetto al 2019. Di poco inferiore la flessione subita dalla spesa privata che, vedendo diminuire il proprio valore del 2,0%, nel 2020 si è assestata a 8,7 miliardi di euro. I risultati realizzati nell’ultimo anno non hanno impattato sulle dinamiche di medio periodo, lasciando inalterato il trend che vede una diminuzione della spesa pubblica a favore di quella privata sostenuta dai cittadini. Trend che, dal 2011 al 2020, ha ridotto l’incidenza della spesa pubblica sul totale dal 63% al 58%, con un conseguente guadagno della quota della parte privata di circa 5 punti percentuali”.
L’analisi per tipologia di farmaci venduti mette in evidenza un dato interessante: fra il 2009 al 2020 sono aumentate le vendite di generici del 119% a volumi e del 148% a valori. Parallelamente si è verificata una graduale diminuzione della presenza di farmaci coperti da brevetto, le cui confezioni sul mercato si sono ridotte di circa 328 milioni di unità (-65%), con una contrazione di valore di circa 5,6 miliardi di euro (-63%). Ciò ha determinato una riconfigurazione delle quote delle tre tipologie di farmaci sul mercato totale: dal 2009 al 2020 il peso dei farmaci generici è passato dal 14% al 30% in volumi e dal 7% al 21% in valori; quello dei branded off patent dal 38% al 52% in volumi e dal 23% al 45% in valori; e quello dei branded, rispettivamente, dal 49% al 17% e dal 70% al 34%.
“Questo significa che la stessa quantità di confezioni vendute costa molto meno. Un sistema che permette ai cittadini di accedere in maniera più ampia ed economica ai farmaci: un punto importante per le riflessioni future” – ha ricordato Lucio Poma.
La spesa per la farmaceutica ospedaliera
Al fianco della farmaceutica territoriale, il canale di vendita più importante dei farmaci generici è costituito dalla farmaceutica ospedaliera per la quale, fino al 2020, è stata imposta una quota del 6,69% del Fondo Sanitario Nazionale. A partire dalla legge di bilancio 2021, il valore del tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti è stato portato al 7,65%, con possibilità di essere rideterminato annualmente.
I dati 2020 evidenziano come l’emergenza pandemica abbia ridotto i consumi ospedalieri a volume, passati da 1,5 miliardi di unità minime frazionabili di medicinali a 1,3 miliardi (-14,1%). Come nel caso della farmaceutica territoriale, la flessione dei consumi ha coinvolto tutte e tre le categorie di farmaci analizzate: branded off patent (-16,5%), generici (-13,4%) e medicinali coperti da brevetto (-11,8%). “I risultati dell’ultimo anno non hanno, tuttavia, alterato le rispettive quote sul mercato. Continua, infatti, l’ascesa dei farmaci generici che, nonostante il decremento assoluto, in termini di incidenza sul totale mantengono il proprio posizionamento (passando dal 29,8% del 2019 al 30% del 2020) e confermano il trend favorevole che, nell’ultimo quadriennio, ha visto aumentare le vendite dell’11,5%, con un guadagno di quota di 6,6 punti percentuali”.
Le procedure di gare nelle strutture pubbliche
Negli ultimi anni si è assistito ad un incremento della spesa per farmaci afferenti al canale ospedaliero. Per questo i modelli di acquisto tramite gara, sono sempre più al centro dell’interesse della pubblica amministrazione e degli attori privati, che auspicano un’evoluzione delle modalità di interazione con gli enti appaltanti.
Il 2020 ha visto un significativo aumento delle gare bandite, che passano da 63 a 89 (+41,3%) nel caso delle gare e procedure aperte e da 162 a 249 (+53,7%) nel caso delle RDO (Richieste di Offerta) e delle procedure negoziate.
Parallelamente diminuisce il numero dei lotti banditi, totalmente riconducibile alle gare aperte (-13,9% a fronte del +44,6% rilevato per le RDO e le procedure ristrette), che determina per questa tipologia una riduzione delle dimensioni di gara e dei lotti banditi per gara, che si attestano su una media di 90, a fronte della media di 148 registrata nel 2019 (in costante diminuzione dal 2017). Per quanto riguarda le RDO, la media dei lotti banditi per procedura di gara si mantiene in linea con quella dei quattro anni precedenti, oscillante fra valori pari a 2 e 3.
È ipotizzabile che entrambe queste evidenze (aumento delle gare aperte, ma soprattutto delle RDO e diminuzione della media dei lotti banditi per le gare aperte) siano state determinate dalla necessità, da parte degli enti appaltanti, di affidarsi a procedure più snelle, flessibili e veloci che consentissero di gestire la pressione della domanda su specifiche categorie di farmaci, rivelatisi cruciali e urgenti nel contesto emergenziale.
Le gare pubbliche ospedaliere: i rischi di un eccesso di concorrenza e la necessità di snellire la burocrazia
Conclusa la parte introduttiva, il primo focus dell’Osservatorio ha approfondito l’ambito del sistema delle gare pubbliche ospedaliere per la fornitura dei medicinali e suggerito alcuni possibili interventi sui modelli di rilevazione dei fabbisogni fino ad ora implementati.
“Il sistema delle gare, nella farmaceutica ospedaliera, permette indubbiamente un maggiore risparmio pubblico a parità qualitativa, attraverso procedure competitive per gli acquisti” – ha premesso Lucio Poma. “Tuttavia se la concorrenza viene spinta all’eccesso può generare degli effetti collaterali indesiderati. Occorre pertanto trovare il giusto equilibrio perché un eccesso di competizione può provocare la fuoriuscita dal mercato di molte imprese, soprattutto quelle medio-piccole, con la conseguenza che, in un secondo momento, si potrebbero creare degli oligopoli in grado di dettare legge in materia di prezzi. In più, se i prezzi diventassero troppo bassi, erodendo oltre al limite le marginalità, le imprese potrebbero non avvertire vantaggi nella partecipazione, contribuendo così alla crescita del fenomeno delle gare deserte, con la conseguente minor produzione di alcuni specifici principi attivi. Uno scenario da scongiurare in quanto abbiamo visto recentemente con il Covid quanto sia importante avere sempre in produzione nel nostro Paese un ventaglio adeguato di soluzioni”.
Aggiudicare le gare per la fornitura di medicinali unicamente sulla base del prezzo più basso, potrebbe, dunque, risultare riduttivo: “sarebbe più opportuno valutare congiuntamente fattori di prezzo assieme ad elementi qualitativi che aggiungano valore all’offerta: la disponibilità di dosaggi, la presenza di eventuali device per la somministrazione/trasporto, l’affidabilità del fornitore (rating di impresa). A fronte di un lieve aumento dei prezzi si otterrebbero maggiori vantaggi per imprese e Stato. Le imprese sarebbero incentivate a continuare ad investire con maggiore incisività sulle modalità di somministrazione innovative e sui processi produttivi a più elevata sostenibilità ambientale. L’operatore pubblico beneficerebbe delle innovazioni nelle modalità di somministrazione e trasporto, oltre alla promozione di modalità di produzione sostenibili. Per evitare che questo meccanismo non diventi discriminatorio tra grandi e piccole imprese sarà necessario conferire adeguati pesi ai diversi fattori di valutazione”.
Una ulteriore difficoltà ricorrente per le imprese inserite nel sistema delle gare ospedaliere risiede nei costi, di tempo e risorse, sostenuti per la fornitura della documentazione richiesta. “Sarebbe utile l’elaborazione di linee guida più stringenti che, riducendo la discrezionalità delle stazioni appaltanti, rendano i procedimenti più uniformi, meno burocratizzati e meno onerosi per le imprese. Il tutto nella prospettiva di poter contare sulla leva della digitalizzazione e della semplificazione dei processi, finalizzati ad una maggiore velocità e ad una minore onerosità per le imprese”.
L’ultimo suggerimento elaborato dall’Osservatorio mira a rivedere i modelli di rilevazione dei fabbisogni regionali, che recepiscono le richieste di molte aziende sanitarie, con conseguenti ordini di fornitura estremamente differenziati. Questo fa sì che le quantità ordinate dagli enti appaltanti tramite le gare siano presunte e non effettive. A ciò si aggiunga che i capitolati di gara non prevedono l’indicazione di quantitativi di minima o di massima rispetto a quelli espressi. Da qui la problematicità per le imprese di stabilire un prezzo corretto di fornitura ma anche di organizzare i processi produttivi e la catena del valore, con conseguente innalzamento del rischio delle rotture di stock, quando sarebbe auspicabile l’inclusione all’interno dei capitolati di una specifica clausola previsiva di un quantitativo minimo d’ordine vincolante.
Complessità e vulnerabilità della catena di valore fra prospettive di crescita e strategie future
Il secondo focus, dopo aver riconosciuto il momento favorevole per l’economia italiana con i confortanti dati OCSE 2021, ha esplorato la natura degli ostacoli incontrati nel reperimento delle materie prime e lungo la catena del valore, nonché su possibili interventi di politica industriale utili a garantire maggiore sicurezza e stabilità della catena e scongiurare rischi futuri legati alla mancanza o alla difficile reperibilità di prodotti in caso di crisi. “Una eventualità tutt’altro che remota, come ha dimostrato la storia recente della catena globale che regola oggi i mercati e che può bloccare per un imprevisto dall’altra parte del mondo la fornitura in Italia di un prodotto”. Ma la pandemia questa volta non c’entra. “Il Covid ha accelerato criticità già esistenti. Appena il sistema è andato sotto pressione, i problemi sono esplosi e sono diventati gravissimi e urgenti. La fine della pandemia non porterà ad alcuna risoluzione, perchè queste criticità riguardano aspetti strutturali, alle quali vanno date soluzioni strutturali e non congiunturali”.
Se le prospettive per il Paese sono rosee, l’ostacolo che potrebbe rallentare l’ascesa è la carenza di materie prime: alluminio, rame, acciaio e zinco in primis, ma anche semiconduttori connessi ai sistemi produttivi nazionali. “È necessario agire quanto prima sulle principali catene del valore europee per fronteggiare questo potenziale ostacolo alla crescita italiana ed europea. La salute è un diritto fondamentale per il benessere dei cittadini ai quali deve essere garantito un accesso equo all’assistenza sanitaria e ciò comporta medicinali sicuri a prezzi accessibili.
L’Osservatorio ha evidenziato tra i principali ostacoli alla produzione fattori collegati alla catena del valore. Oltre la metà delle imprese intervistate (57%) è stata abbastanza ostacolata dalla penuria o assenza di alcuni componenti della lavorazione a conferma dei dubbi sulla fluidità delle catene internazionali del valore e sulle criticità di approvvigionamento connesse ad improvvisi picchi di domanda. Inoltre, quasi la metà delle imprese (47%) ha indicato alcuni aspetti logistici (blocco delle frontiere, interruzioni anomale della supply chain, ecc.) come ulteriore fonte di criticità.
Il reperimento delle materie prime per la produzione ha costituito il nodo più problematico dell’intera catena del valore: il 73% delle imprese ha lamentato difficoltà nell’approvvigionamento dei principi attivi e oltre la metà (53%) in quello degli intermedi di sintesi. Si sono anche palesate criticità legate alle autorizzazioni, sia all’importazione che alla produzione e alla commercializzazione, confermando che i procedimenti autorizzativi vengono ancora identificati come ulteriori punti deboli della filiera industriale.
Il settore farmaceutico ha saputo contrastare lo shock ma la tenuta della catena del valore è stata messa a dura prova, incrinata da elevate pressioni produttive e competitive. “Vi sono fondati motivi per ritenere che la carenza di materie prime e la debolezza di alcuni anelli della catena del valore mostrino caratteristiche strutturali piuttosto che congiunturali, legate alla straordinarietà dell’emergenza Covid”.
Spinta dalle evidenze emerse durante la fase acuta della pandemia la stessa Commissione Europea ha proposto una nuova Strategia farmaceutica per l’Europa (Bruxelles, 25.11.2020 COM (2020), che ribadisce la natura strutturale del problema quando afferma che: “Le carenze di medicinali destano grave preoccupazione nell’UE da diversi anni e si sono aggravate durante la pandemia di COVID-19”. Il documento, oltre a mettere al centro il paziente, mira a garantire la qualità e la sicurezza dei medicinali, rafforzando al contempo la competitività del settore a livello globale: competizione che non deve andare a detrimento della qualità e sicurezza dei medicinali. Per questo motivo, un asse della Strategia è finalizzato agarantire robuste catene di approvvigionamento tali che l’Europa possa soddisfare le sue esigenze, in tempi di crisi ma anche di crescita.
A questo proposito, l’Osservatorio ha indagato quattro ambiti di intervento per raggiungere l’ambizioso obiettivo indicato dalla Strategia Europea:
- la catena di approvvigionamento;
- le acquisizioni e fusioni fra imprese farmaceutiche;
- la tecnologia: Industria 4.0 e eHealth;
- la questione amministrativa e autorizzativa.
Nel breve termine, le strategie per ridurre i colli di bottiglia sono due: moltiplicare le fonti di approvvigionamento oppure internalizzare alcune fasi della catena. “Ma se i produttori sono concentrati nello stesso continente o Paese, come l’Asia o l’India, il rischio di adottare solo prima soluzione resta elevato. Sul secondo punto, pur convenendo con la crescita di concentrazioni in atto, non tutto il panel delle imprese intervistate concorda sull’idea che questa tendenza possa compromettere l’attuale fluidità delle catene del valore. Le preoccupazioni riscontrate sono per la maggior parte rivolte al futuro, al caso in cui il fenomeno dovesse perdurare se non addirittura intensificarsi. Dal punto di vista dell’industria 4.0, la survey registra un generale ritardo delle imprese farmaceutiche. Sull’ultimo punto, gli intervistati concordano sul fatto che la fluidità della catena del valore dipende anche dall’allineamento amministrativo e autorizzativo dei differenti Paesi all’interno dei quali operano le imprese dei diversi anelli della catena del valore. Per fare un esempio, AIFA potrebbe iniziare a consentire importazioni anche in assenza di dimostrazione di carenza di farmaci, così come avvenuto durante l’emergenza pandemica” – ha commentato Poma.
Proposte per rafforzare la catena del valore europea: il reshoring e i nuovi impianti di produzione per “riportare” i principi attivi in Europa
Per rafforzare la catena del valore europea lo studio suggerisce una soluzione: accrescere la produzione di principi attivi in Europa e raggiungere così l’autosufficienza strategica attraverso il reshoring o la costruzione di nuovi impianti di produzione. Una proposta condivisa da molti intervistati che sostanzialmente pone due ostacoli: la dimensione minima efficiente e la questione ambientale. “Ma i principi hanno una grandissima variabilità di prezzo, da 2 euro al kg a oltre 1500 euro. Pertanto quelli ad alta marginalità esistono gli spazi per produrli in casa, mentre per quelli a bassa marginalità la dimensione minima efficiente è enorme, molto più ampia del mercato nazionale, quindi un impianto in Europa sarebbe più che sufficiente e potrebbe comunque non essere competitivo rispetto ai giganti asiatici. La soluzione è alterare quell’equilibrio tra autosufficienza e concorrenzialità con l’aiuto della Comunità Europea, sotto forma di controllo della domanda o aiuti all’impresa, almeno per i primi anni, altrimenti è difficile immaginare la nascita di un’impresa in grado di competere con i colossi asiatici” – ha concluso Poma.
L’ultimo punto sollevato dallo studio Nomisma ha riguardato le proposte di policy. Le aziende farmaceutiche intervistate hanno suggerito la rimozione del limite agli aiuti oggi erogati solo per i prodotti rilevanti per il Covid, l’introduzione di incentivi fiscali e di altra natura per stimolare nuovi insediamenti produttivi nella filiera farmaceutica e un generale snellimento amministrativo e autorizzativo all’interno dei processi produttivi.
La catena del valore dell’industria farmaceutica riguarda la sicurezza nazionale, Giovanni Tria, Consigliere Economico del Ministro dello Sviluppo Economico
La seconda parte dell’evento si è concentrata sulla complessità della catena del valore dell’industria farmaceutica. “Le catene produttive globali si sono formate in vario modo e sono il frutto in parte del progresso tecnologico e in parte della ricerca estrema dell’economia di scala. Ma queste catene del valore oggi si sono rivelate fragili, per questo occorre individuare un riaggiustamento. Sul piano farmaceutico questo processo riguarda la sicurezza nazionale, per questo occorre mettere in conto un eccesso di produzione da parte delle imprese, per evitare che un imprevisto congiunturale all’estero metta a rischio il sistema sanitario del Paese, privato all’improvviso di un prodotto o di un principio attivo” – ha ricordato Giovanni Tria, Consigliere Economico del Ministro dello Sviluppo Economico.
La farmaceutica è un settore centrale. Se vuole diventare strategico, occorrono interventi strutturali a livello nazionale e comunitario – Michele Uda, vicepresidente delegato al canale ospedaliero Egualia – Industrie Farmaci Accessibili
“Il sistema produttivo del Paese e il sistema sanitario vanno osservati nel loro complesso. Il reshoring è solo una parte del percorso all’interno del quale il sistema farmaceutico si sta muovendo. Tutte le fasi, dalla ricerca e sviluppo alla messa sul mercato di un prodotto sono essenziali e strettamente connesse fra loro in un sistema pubblico, peraltro, dove un soggetto grande acquisitore di farmaci, lo Stato, concorre a determinare i prezzi.
In questo quadro, sono emersi dal rapporto due elementi essenziali: è impensabile e utopistico pensare di ricostruire da zero la catena del valore in Europa; il problema del controllo di alcune materie prime da parte dei Paesi extraeuropei è un’arma competitiva letale.
Se l’Italia e l’Europa vedono nel farmacologico un settore centrale, che durante la pandemia ha avuto un ruolo determinante sia in materia di vaccini sia per garantire i medicinali essenziali durante le terapie a tutti i pazienti, lo hanno fatto perché lo ritengono strategico e non soltanto di acquisto di una commodity. Se questo è l’obiettivo, occorrono interventi strutturali e procedurali, un progetto di finanziamenti europei di 3-5 anni per migliorare il comparto e riportare le produzioni nel nostro Paese e una revisione del sistema di formazione del prezzo. Tutto questo mantenendo sostenibili nel tempo i processi produttivi di questi prodotti” – ha illustrato Michele Uda, vicepresidente delegato al canale ospedaliero Egualia – Industrie Farmaci Accessibili.
Le gare pubbliche ospedaliere: la stima dei fabbisogni può e deve migliorare
Il secondo focus dell’evento ha posto l’attenzione sulle gare pubbliche ospedaliere, sviluppando una riflessione che ha portato in primo piano anche la questione spinosa della stima dei fabbisogni che vede le Regioni italiane impreparate. Come ha evidenziato l’Osservatorio Nomisma, infatti, il tema del calcolo impreciso dei fabbisogni riguarda l’intero ambito nazionale. Nella maggior parte dei casi la stima viene effettuata sulla base dello storico degli anni precedenti, spesso ricostruito a partire da flussi informativi sui consumi poco strutturati a livello di rete.
Il disallineamento rispetto agli ordinativi si traduce in danni elevati per le imprese (costi organizzativi, di stoccaggio, riduzione della capacità di risposta rapida alla domanda ecc.) disincentivando la partecipazione alle gare, fenomeno reso già grave dalle gare basate sul solo ribasso di prezzo, che ad alcuni anni dalla scadenza del brevetto conducono ad un progressivo assottigliamento della concorrenza (il numero di imprese che partecipano si riduce drasticamente e aumentano i lotti andati deserti).
Le soluzioni avanzate dalla survey: meno discrezionalità delle stazioni appaltanti, più uniformità dei procedimenti, sburocratizzazione e diminuzione degli oneri per le imprese.
Queste le principali strategie suggerite da Nomisma:
- creare un algoritmo previsionale a livello nazionale, utilizzabile e personalizzabile dalle diverse regioni, in grado di sistematizzare i dati di consumo con i profili epidemiologici, attuali e prospettici, della popolazione;
- valutare congiuntamente fattori di prezzo assieme ad elementi che aggiungano valore, misurabile, all’offerta in base alle categorie di farmaci (disponibilità di dosaggi; eventuali device per la somministrazione/trasporto; la disponibilità di più fonti di approvvigionamento, la maturità o meno della catena del valore del principio attivo, l’affidabilità del fornitore / rating d’impresa non discriminatorio);
- limitare il carico di documenti necessario per partecipare alla gara, lasciando al solo vincitore l’onere di presentazione della documentazione completa;
fissare un tetto minimo oltre il quale l’ente appaltante non può scendere nella richiesta di ordinativo effettivo all’impresa.
L’Osservatorio permanente sui farmaci generici di Nomisma
L’edizione 2021 dell’Osservatorio farmaceutico sui farmaci generici di Nomisma rappresenta la tappa più recente di un percorso di analisi avviato insieme ad Egualia – Industrie Farmaci Accessibili (già Assogenerici) che, dal 2015 al 2020, ha portato alla pubblicazione di tre rapporti e due Osservatori: “Il sistema dei farmaci generici in Italia. Scenari per una crescita sostenibile”, “Il sistema dei farmaci generici in Italia. Spesa ospedaliera, effetti delle gare e sostenibilità”, “Il sistema dei farmaci generici in Italia. La filiera manifatturiera: competitività, impatto e prospettive”
Dal 2019, per dare continuità a un lavoro di studio e analisi che presenta evidenti benefici per la salute dei cittadini e il sistema industriale e che, nel 2019, Nomisma ha dato vita all’Osservatorio permanente sui farmaci generici in Italia.