Durante l’ultima edizione di Cibus, il salone internazionale dell’alimentazione svoltasi a Parma dal 3 al 6 maggio, il Responsabile della Business Unit Agrifood di Nomisma, Denis Pantini, ha presentato in anteprima i risultati di un monitoraggio del mercato della Mozzarella di Bufala Campana Dop, realizzato da Nomisma in collaborazione e per conto dell’omonimo Consorzio di Tutela.
Attraverso la raccolta di dati e informazioni presso i produttori associati al Consorzio di Tutela, si è potuto ricostruire un quadro dettagliato del mercato di riferimento della Mozzarella di Bufala Campana nonché delle principali tendenze evolutive e delle prospettive future. La rilevazione ha visto la partecipazione di un numero di caseifici rappresentativi di oltre l’80% della produzione certificata che, nel 2021, è risultata superiore alle 54 mila tonnellate, con un incremento del 7% rispetto all’anno precedente. Se comparato con i livelli di cinque anni prima, l’aumento è del 22% contro un analogo incremento che per la totalità dei formaggi Dop prodotti in Italia si è fermato a meno della metà (+10%).
Alla luce della ridotta shelf-life della Mozzarella di Bufala Campana (essendo un prodotto venduto fresco) le stesse produzioni rappresentano una proxy delle vendite che, sempre nel 2021, hanno registrato un sensibile aumento sul mercato nazionale (+10% a volume rispetto all’anno precedente) contestualmente ad un consolidamento dell’export che incide ormai per oltre il 35% della produzione certificata.
La Mozzarella di Bufala Campana Dop sui mercati esteri
Se sul mercato interno la GDO la fa da padrone per quanto riguarda le vendite della Dop (40% dei volumi venduti in Italia, a cui va sommato un altro 16% distribuito dai discount), sull’estero Francia e Germania concentrano da sole oltre la metà dei quantitativi venduti oltre frontiera, seguite da UK (7%), Belgio (6%), Spagna (5,5%) e Paesi Bassi (5%).
Le caratteristiche di deperibilità connaturate al fatto di essere un prodotto fresco limitano necessariamente le possibilità di arrivare su mercati d’oltremare o comunque più distanti geograficamente dal luogo di produzione (salvo considerare il trasporto via aereo per il consumo nella ristorazione): da qui si spiega anche la quota del 3,5% di export collegata agli Stati Uniti e di poco più del 2% destinata al Giappone.
Dati nazionali sul consumo di Mozzarella di Bufala Campana Dop
Restando in tema geografico, lo studio ha evidenziato come sul mercato nazionale il consumo di Mozzarella di Bufala Campana si distribuisca quasi proporzionalmente tra le diverse aree del Paese. La quota principale (32%) della produzione destinata al mercato interno finisce alla regioni del Nord Ovest, seguite da quelle del Sud (24%), del Nord Est (22%) e del Centro Italia (22%).
Evoluzioni e prospettive future del mercato
Se questi sono i numeri che descrivono in maniera puntuale i tratti caratteristici delle vendite attuali, ancora più interessanti sono le prospettive future che, secondo gli stessi produttori, dovrebbero riguardare i diversi mercati di sbocco. In particolare, sul mercato italiano, i caseifici prevedono per i prossimi anni una crescita nella vendita diretta, un canale che attualmente incide per circa il 10% delle vendite nazionali. Va detto, ovviamente, che per la maggior parte dei produttori, la GDO resterà il canale prevalente ma per 3 caseifici su 10 sarà proprio la vendita diretta a registrare le dinamiche di crescita più significative.
Sul fronte estero invece, pur confermando l’importanza della Francia come primo Paese di sbocco anche per i prossimi anni, un 28% dei produttori intervistati vede negli Emirati Arabi Uniti un mercato che nel 2021 ha rappresentato una nuova opportunità commerciale da tenere in considerazione anche per il futuro. Seguono, nell’ordine in termini di percezione positiva per nuove opportunità, Germania, Stati Uniti e Spagna.
E parlando di prospettive future, lo studio non poteva non prendere in considerazione il tema della sostenibilità, in particolare declinata sul lato ambientale. Come ormai risaputo e al di là dell’attuale e complicata situazione internazionale che a causa del conflitto russo-ucraino ha portato a catalizzare l’attenzione di imprese e policy maker sulle fiammate inflazionistiche di commodity e costi di produzione, gli obiettivi della transizione ecologica collegati a mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici non sono cambiati. Di questo ne sono consapevoli un po’ tutti: dai governi alle imprese fino ai consumatori che, pur in uno scenario di forti incertezze (anche economiche), continuano ad esprimere preferenze di acquisto verso prodotti più “sostenibili”. Gli stessi caseifici paiono aver preso coscienza di questo cambiamento e di questa direzione ineludibile, tanto è vero che il 61% degli intervistati ha realizzato investimenti ambientali in azienda negli ultimi anni. Di questi investimenti, il 50% si è concretizzato nell’installazione di pannelli fotovoltaici, un 22% nella realizzazione di impianti di biogas mentre un 11% è stato destinato all’utilizzo di packaging compostabile.