Tra scenari di guerra e obiettivi di transizione ecologica richiesti dalla Comunità Europea, la tenuta delle filiere agroalimentari italiane – molte non autosufficienti – oggi è messa a dura prova. Diventa quindi fondamentale investire in innovazione, l’unica leva strategica in grado di contemperare entrambe le esigenze e garantire quella catena del valore necessaria a preservare la competitività sui mercati delle filiere agricole italiane.
É quanto emerge dall’evento “L’innovazione per filiere agroalimentari sostenibili: strumenti, best practices, politiche a supporto”, organizzato da Nomisma in collaborazione con Philip Morris Italia e con il contributo scientifico di Food Trend Foundation e trasmesso in diretta streaming lo scorso 8 luglio.
Il workshop, introdotto e moderato da Paolo De Castro, Presidente del Comitato Scientifico Nomisma, ha visto gli interventi di esperti del settore e top manager di imprese quali Stefano Vaccari, Direttore Generale Crea; Alessandro Apolito, Capo servizio tecnico Gabinetto di Presidenza e Segreteria generale Coldiretti; Gianmarco Laviola, Amministratore Delegato Princes Industrie alimentari; Cesare Trippella, Head of Leaf EU Philip Morris Italia.
Alla successiva tavola rotonda, dedicata al dibattito istituzionale, hanno partecipato Raffaele Nevi, Responsabile Agricoltura Forza Italia e Mino Taricco, Capogruppo Partito Democratico nella IX Commissione permanente – Agricoltura e Produzione agroalimentare.
In questo articolo, ripercorriamo i principali contributi forniti durante l’evento per approfondire il ruolo che l’innovazione può avere nel rendere “sostenibili” – nei diversi risvolti economici, sociali ed ambientali – le filiere agroalimentari italiane.
Gli europei, in uno scenario di guerra, chiedono cibi sostenibili e di alta qualità – Paolo De Castro
Il contesto attuale caratterizzato dal conflitto russo-ucraino e dai continui shock sul mercato energetico e delle commodity (a cui si aggiungono gli obiettivi della transizione ecologica imposti dal Green Deal) rischiano di mettere a dura prova un sistema produttivo fortemente colpito da tensioni inflattive e difficoltà di approvvigionamento.
“Secondo l’ultimo Eurobarometro – basato su un’indagine realizzata tra fine febbraio e marzo scorso – un cittadino europeo su due, quando si tratta di indicare le principali responsabilità attribuite agli agricoltori, mette al primo posto la produzione di cibo sostenibile e di alta qualità, mentre per un altro 26% diventa prioritaria la garanzia di fornitura costante di alimenti” – ha introdotto Paolo De Castro, presidente del Comitato Scientifico di Nomisma.
È quindi del tutto evidente che qualità dei prodotti agroalimentari, food security e sostenibilità devono procedere di pari passo, insieme a investimenti in innovazione per rendere le filiere italiane sempre più competitive e sostenibili. Ma come?
In Italia molte filiere non sono autosufficienti
Nel panorama italiano, molte filiere di per sé non sono autosufficienti. Posto pari a 100 l’indice di autosufficienza (misurato dal rapporto tra produzione e consumi), filiere come quella del frumento (sia tenero che duro), del mais, delle carni (sia bovine che suine), del latte sono tutte sotto tale valore.
Lo dimostra anche il trend dell’import di prodotti agricoli che, negli ultimi venti anni, è cresciuto di oltre l’80%, arrivando a toccare i 16,3 Miliardi di euro nel 2021. “Non si tratta però di un rischio di “food security” per i consumatori italiani: le importazioni sono necessarie a garantire in via complementare una piena funzionalità di quelle catene del valore in grado di sostenere il nostro export di food&beverage e derivati del tabacco che nello stesso periodo è più che triplicato (+216%), passando da 14 a oltre 44 Miliardi di euro” – ha spiegato Paolo De Castro.
Il vero obiettivo di lungo periodo è quindi quello di rendere le nostre filiere sostenibili in uno scenario di mercato che si è fatto ultimamente più complicato, ma che grazie agli accordi di filiera può essere messo in sicurezza mantenendo allo stesso tempo elevati standard di qualità. “L’innovazione – attraverso ad esempio l’utilizzo del digitale e delle tecnologie di evoluzione assistita – rappresenta l’unica leva strategica in grado di permettere la cosiddetta intensificazione sostenibile, vale a dire livelli di produzione agroalimentare più alti e di qualità preservando le risorse naturali, una combinazione divenuta imprescindibile” – ha osservato Paolo De Castro.
D’altronde, gli obiettivi indicati dall’Europa per una neutralità climatica impongono agli agricoltori riduzioni significative entro il 2030 nell’utilizzo di agrofarmaci e antibiotici (-50%) nonché di fertilizzanti (-20%). I target della strategia “Farm to Fork” collegata al Green Deal sono ambiziosi e non certo “a costo zero” per l’agricoltura comunitaria, visto che anche lo stesso Centro di Ricerca della Commissione Europea (JRC) ha valutato come l’applicazione tout court di tali tagli nei mezzi tecnici potrebbe portare ad una riduzione della produzione agricola dell’Ue compresa tra il 10% e il 15% rispetto ai livelli attuali.
“Ma oggi con la guerra le cose sono in parte cambiate. Il conflitto russo – ucraino ha complicato lo scenario attuale, aggravando un trend di crescita dei principali input agricoli acquistati dagli agricoltori: +126% (tra marzo 2021 e marzo 2022) i concimi, +68% i carburanti, +54% l’energia, +25% i mangimi nell’ultimo anno. Su questi prezzi occorre vigilare, perché non sono esenti da speculazione” – ha ricordato Paolo De Castro.
In questo quadro complesso e in continua evoluzione, la parola chiave diventa innovazione. “Una leva determinante che ci potrà consentire di ridurre l’uso dei fertilizzanti, di sviluppare un’agricoltura più sostenibile. Ma per tutto questo, ci ricordano gli agricoltori, occorrono tempo e risorse. Infatti solo l’11% delle aziende agricole, nel periodo 2018-2020 ha innovato, investendo nel 56% dei casi nella meccanizzazione. La strada pertanto è ancora lunga per introdurre le nuove tecnologie, anche perché la maggior parte delle imprese che ha investito si trova al Nord ed è di grandi dimensioni” – ha concluso Paolo De Castro.
“Produciamo valore, non cibo” – Stefano Vaccari, CREA
Il secondo intervento della giornata, curato da Stefano Vaccari, direttore generale del CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), ha individuato un punto determinante per l’agroalimentare. Per l’Italia è fondamentale garantire sicurezze alle proprie filiere e agli agricoltori perché, oltre a garantire l’approvvigionamento dei diversi prodotti agroalimentari, sono in grado di generare quel “valore” richiesto dai consumatori di tutto il mondo, necessario a preservare la competitività dell’intero sistema agroalimentare nazionale.
“In un momento complesso come quello attuale non dobbiamo dimenticare che l’agricoltura italiana è la prima d’Europa in termini di valore aggiunto. Noi produciamo valore, non cibo, per 552 miliardi di euro di fatturato e quasi 2 milioni di imprese coinvolte! Questo significa che innovazione e formazione sono i naturali binari per correre sul mercato mondiale, perché innovazione e capitale umano sono i valori di chi produce valore. Il CREA nel 2021 ha sviluppato oltre mille progetti di ricerca, tasselli potenti di crescita per l’agroalimentare. Abbiamo ora bisogno di concentrare gli sforzi della ricerca agricola su pochi, chiari campi di azione, come la genomica, l’agricoltura di precisione, la sostenibilità e le agroenergie (agrovoltaico). Oggi le risorse pubbliche scientifiche, specie quelle del PNRR, sono estremamente frammentate e non governate dal mondo agricolo: su questo speriamo che vi sia un cambiamento di rotta” – ha commentato Stefano Vaccari.
I contratti di filiera, uno strumento per diffondere innovazione – Alessandro Apolito, Coldiretti
L’esigenza di una maggior innovazione è testimoniata dai dati recentemente diffusi del VII Censimento generale sull’agricoltura italiana, dove emerge – come abbiamo visto sopra – che solo l’11% delle aziende agricole italiane ha investito (nel triennio 2018-2020) in innovazione.
Ed ecco perché diventa fondamentale sfruttare le risorse del PNRR che, attraverso misure come i contratti di filiera, può imprimere un’accelerazione alla diffusione dell’innovazione finalizzata ad obiettivi di sostenibilità proprio all’interno delle filiere.
Come ha raccontato nel suo intervento, Alessandro Apolito, Capo servizio tecnico Gabinetto di Presidenza e Segreteria generale Coldiretti “la transizione ecologica deve vedere protagonista tutto il settore agroalimentare, e il modello italiano è molto avanti rispetto ad altri paesi, ma non è gratis. Per farlo è necessario continuare a sostenere gli investimenti delle aziende, puntando su innovazione e agricoltura 4.0 per ridurre l’uso delle risorse e aumentare la produttività. I contratti di filiera del PNRR vanno in questa direzione e Coldiretti, insieme a Filiera Italia, è pronta a presentare tanti progetti operativi e sostenibili, puntando sulla sovranità alimentare, energetica e su un migliore utilizzo dell’acqua”.
Il “pomodoro etico”: una case history di successo per tutta la filiera – Gianmarco Laviola, Princes Industrie Alimentari
Rispetto a tali obiettivi, non mancano anche casi di successo che dimostrano come tali strumenti possano favorire la diffusione di processi innovativi in grado di permettere, al contempo, una sostenibilità a 360° (ambientale, sociale ed economica) per tutta la filiera.
È quello che ha illustrato Gianmarco Laviola, Amministratore Delegato di Princes Industrie Alimentari, che ha dichiarato come “promuovere la sostenibilità economica, sociale e ambientale nell’industria del pomodoro non significa solo introdurre tecnologie avanzate nelle nostre produzioni ma investire nel ruolo della filiera per dare prospettiva di crescita al comparto, soprattutto in un contesto di grandi tensioni internazionali e di pressione sui costi delle materie prime. Princes Industrie Alimentari si impegna in questa direzione per tutelare e sostenere il “pomodoro etico” e 100% Made in Puglia in tutto il mondo, sia attraverso uno specifico e rivoluzionario accordo di filiera stretto con Coldiretti sia con iniziative concrete sviluppate con le rappresentanze dei lavoratori e le associazioni che combattono il fenomeno dello sfruttamento del lavoro”.
Le soluzioni innovative nella filiera del tabacco per la transizione ecologica e digitale – Cesare Trippella, Philip Morris International
La seconda case history presentata durante l’evento ha riguardato la filiera del tabacco. Una storia di successo che dimostra come – attraverso puntuali accordi di filiera – si sia raggiunti obiettivi di sostenibilità e di innovazione per migliorare il prodotto agricolo rispetto alle nuove esigenze del mercato e di conseguenza per generare quel “valore” riconosciuto ai prodotti italiani.
La filiera del tabacco ha l’opportunità di esplorare nuove soluzioni innovative, che permetteranno di intraprendere più velocemente il percorso di transizione ecologica e digitale, anche alla luce della nuova riforma della PAC e in linea con il nuovo “Green Deal” europeo. “In un contesto macroeconomico sempre più complesso e in continuo cambiamento credo sia fondamentale garantire stabilità e certezze ai coltivatori e alle filiere agricole” – ha spiegato Cesare Trippella, Head of Leaf EU Philip Morris International.
“Come Philip Morris, il nostro impegno verso la filiera tabacchicola guarda al futuro e lo abbiamo già dimostrato con il rinnovo degli accordi con il Mipaaf. La nostra Azienda è all’avanguardia anche dal punto di vista degli investimenti per la transizione energetica, ecologica e digitale della filiera tabacchicola: in linea con la visione innovativa di un mondo senza fumo, Philip Morris Italia già dal 2011 ha intrapreso azioni strategiche volte a tali transizioni, ottenendo successi nella riduzione di CO2, nell’uso responsabile della risorsa idrica, nonché nella digitalizzazione della filiera”.
Il tavolo istituzionale
Le criticità e i temi introdotti dai relatori nella prima parte del workshop sono stati discussi nella successiva tavola rotonda, aperta agli interlocutori istituzionali.
“Siamo davanti a grandi sfide: la siccità, il cambiamento climatico, la sostenibilità, la necessità di innovare. Ma sono preoccupato perché si tratta di fattori che gli agricoltori italiani da soli oggettivamente non possono affrontare. Occorrono interventi straordinari e vanno inquadrati in un piano europeo più vasto, per il futuro del settore. Vedo, invece, ancora spaccature ideologiche nella maggioranza che sostiene la Commissione Europea. Riscontro crescenti preoccupazioni tra i nostri agricoltori e non vorrei che molti giovani scappassero, invece che accostarsi a questo settore. Dobbiamo batterci, anche con il Governo italiano, per valorizzare un settore nevralgico per il Paese che spesso è messo in secondo piano rispetto ad altri. L’opinione pubblica ha ormai preso coscienza della complessità di avere sulla tavola cibo sicuro, sostenibile, approvvigionamenti garantiti e costi accessibili” – ha commentato Raffaele Nevi, Responsabile Agricoltura Forza Italia.
“Io credo che il cambiamento in atto, innanzitutto di consapevolezza, sul tema della sostenibilità e le sue varie forme, climatica, ambientale, sociale, legata alla salute, alla fertilità dei suoli, all’acqua debba riguardare da ora in avanti qualunque tipo di riflessione. Non ci sarà un ripensamento e quello che è accaduto negli ultimi due anni ha rafforzato la percezione che il cittadino europeo stava maturando su queste tematiche. Resistere al cambiamento o cogliere la palla al balzo e lanciarla oltre l’ostacolo? In questo ambito, nel quale l’Unione Europea sfida il mondo agricolo e tutto il sistema, noi dobbiamo cogliere questa opportunità e accelerare il cambiamento che è già in atto. Il rafforzamento delle filiere e le risorse che sono state stanziate possono essere lo strumento per un salto di qualità notevole, ma ci sono ancora grandi sfide da portare avanti, come per esempio il miglioramento della qualità produttiva della superficie agricola già utilizzata e il recupero di tutti quei terreni incolti che sono stati abbandonati perché la redditività non era più tale da giustificare la coltivazione” – ha ricordato Mino Taricco, Capogruppo Partito Democratico nella IX Commissione permanente – Agricoltura e Produzione agroalimentare.