Obiettivi e metodo dell’indagine
Abbiamo presentato i risultati della prima indagine indipendente, realizzata in collaborazione con CGIL, sulla valutazione e l’utilizzo dei servizi di welfare aziendale da parte dei lavoratori.
La ricerca riguarda un panel di circa 70 aziende (la maggior parte delle quali di grandi dimensioni, con oltre 250 dipendenti) e un campione di 1.822 lavoratori, suddivisi tra impiegati (49%), operai (45%) e quadri (6%). Circa la metà delle imprese analizzate opera nel settore manifatturiero, le altre si dividono tra gli ambiti dei servizi, del commercio e delle costruzioni.
Obiettivo della nostra indagine è, innanzitutto, capire come e se l’inserimento dei provvedimenti di welfare abbia impattato sui lavoratori e sulle loro famiglie; in secondo luogo, la ricerca si prefigge di individuare le misure correttive utili a fare in modo che il welfare aziendale risponda ai propositi originari della relativa legislazione: aumento del benessere del lavoratore, incremento della produttività aziendale e integrazione con il welfare pubblico. Il tutto, analizzando il punto di vista e l’esperienza dei diretti interessati e destinatari di tali provvedimenti: i lavoratori.
La conoscenza dei servizi di welfare aziendale da parte dei lavoratori
La prima parte della ricerca è volta a indagare la conoscenza delle politiche di welfare aziendali da parte dei lavoratori. Alla domanda se questi sono stati informati in azienda rispetto al tema, più di un terzo degli intervistati risponde di essere pienamente consapevole dell’argomento. Il 45% del campione sottolinea, però, di essere informato soltanto a grandi linee e il 9% di non essere affatto a conoscenza delle iniziative volte a incrementare il benessere del dipendente e della sua famiglia.
I meno informati risultano essere gli operai: il 28% di loro dichiara, infatti, di conoscere poco o nulla del tema, contro il 20% degli impiegati e l’8% dei quadri. Allo stesso modo, sale al 12% la quota di operai che ritiene che i lavoratori in azienda non siano stati adeguatamente formati sull’argomento.
Chi usufruisce dei servizi di welfare aziendale?
Il passaggio successivo dell’indagine riguarda la fruizione dei servizi di welfare aziendale da parte degli intervistati. Anche in questo caso, dai dati non emerge uno scenario uniforme: poco più della metà dei lavoratori coinvolti (55%) fruisce delle prestazioni di welfare aziendale disponibili.
La fruizione dei servizi, inoltre, non riguarda allo stesso modo tutte le categorie di lavoratori. Dall’indagine si evince, infatti, che all’aumentare dell’inquadramento lavorativo e del titolo di studio aumenta anche la fruizione (per i quadri 66% e per chi possiede una laurea 62%).
A usufruirne maggiormente sono le donne (61%) e le famiglie con figli (59%). La percentuale di uomini si attesta intorno al 52%.
Molto interessanti i dati relativi ai motivi del mancato utilizzo dei servizi di welfare: il 39% degli intervistati ritiene che tali strumenti non intercettino gli attuali bisogni; il 38% preferisce ricevere somme in denaro (seppur soggette a una tassazione più elevata) invece dei benefit; il 16% dichiara di non essere a conoscenza della possibilità di fruire delle iniziative.
La valutazione dei lavoratori sui servizi di welfare aziendale
L’insieme dei servizi di welfare aziendale messi a disposizione dalle aziende oggetto dell’indagine è ampio e variegato: dall’assistenza sanitaria alla previdenza assicurativa, dallo sport al benessere.
Gli interventi che presentano il maggior grado di soddisfazione da parte degli intervistati sono: la mobilità casa-lavoro, i mutui e i prestiti, oltre ai servizi su educazione e istruzione. Tra quelli maggiormente diffusi ci sono i fringe benefit (28%), l’educazione e l’istruzione (25%), la previdenza assicurativa (21%) e l’assistenza sanitaria (20%).
Dalla ricerca emerge una valutazione positiva rispetto all’utilità delle iniziative di welfare (espressa dal 70% degli intervistati). Tra gli utilizzatori, il 70% ritiene che l’introduzione di tali provvedimenti abbia comportato benefici in termini economici e il 43% di benessere generale. Infine, per il 31% degli intervistati il welfare ha contribuito a migliorare il rapporto con l’azienda, mentre per il 27% ha agevolato il senso di appartenenza del dipendente all’impresa.
Considerazioni finali
Nonostante il 70% dei lavoratori abbia espresso una valutazione positiva sui benefit messi a disposizione dalle aziende, sembra che il welfare non stia ancora esprimendo appieno le proprie potenzialità. Si evidenzia, infatti, il conflitto tra le reali esigenze delle persone e la capacità di questi strumenti di soddisfarle (il 40% degli intervistati preferirebbe ricevere più denaro invece del valore corrispondente in benefit). Un disallineamento dovuto anche al fatto che i diretti interessati non sempre sono chiamati a intervenire nell’elaborazione delle politiche di welfare aziendale.
Come abbiamo rilevato, è necessario intervenire prontamente per evitare che il welfare aziendale si trasformi in una mera misura di beneficio fiscale dagli impatti contenuti.
Bisogna recuperare la funzione sociale dello strumento rendendolo coerente con i fabbisogni dei lavoratori, perseguendo un’integrazione con il welfare pubblico ad ora ancora molto lontano.
C’è bisogno che tutte le parti (impresa, sindacato, legislatore) si attivino per un ripensamento complessivo dello strumento.
L’impresa dovrebbe prendere atto che si tratta di un potente meccanismo in grado di aumentare la produttività attraverso una maggiore retention del lavoratore, un miglior clima aziendale e un rafforzamento del senso di appartenenza. È a tal fine indispensabile che i Piani di welfare siano costruiti sulle reali esigenze dei lavoratori e dell’impresa e non si limitino a un elenco di interventi standardizzati e molto generici, come spesso accade allo stato attuale. Ogni azienda dovrebbe poi implementare un efficace sistema di monitoraggio degli impatti in grado di fornire costanti elementi di valutazione sul lavoro, sui dipendenti e sulla produttività ed eventualmente suggerire misure correttive.
Nel recupero della funzione sociale, il sindacato riveste un ruolo centrale. È evidente come nelle intenzioni del legislatore il welfare aziendale avrebbe dovuto incentivare la contrattazione di secondo livello. Il successo che sta registrando lo strumento è infatti una preziosa occasione nell’elevare la cultura della contrattazione aziendale e nel favorire positive relazioni industriali.
È indispensabile inoltre implementare meccanismi in grado di favorire una maggiore integrazione con il welfare pubblico anche attraverso un welfare territoriale. Su questo vi sono ampi spazi di intervento normativo.
Bisogna riportare lo strumento del welfare aziendale alla sua natura di strumento di politica industriale.
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