In Italia il mercato dell’arte è in difficoltà e risente anche dell’aliquota IVA più alta in Europa

27 marzo 2025 – L’Industry dell’arte italiana, pur generando un giro d’affari diretto pari a 1,36 miliardi e un impatto economico complessivo di 3,86 miliardi di euro nel 2023 (ultimi dati disponibili), sta vivendo una lenta ma preoccupante contrazione. In particolare, negli ultimi anni le 1.618 gallerie d’arte e i 1.637 antiquari attivi sul territorio nazionale hanno visto diminuire progressivamente il proprio numero e il proprio fatturato reale a causa non solo dell’aumento dei costi operativi, dei cambiamenti nei consumi culturali, ma anche per via di un sistema fiscale non allineato rispetto agli altri paesi europei, con l’aliquota IVA più elevata a livello continentale.

È quanto emerge dal secondo Rapporto “Arte: il valore dell’industria in Italia”, promosso dall’Associazione Gruppo Apollo e realizzato dall’osservatorio di Nomisma in collaborazione con Intesa Sanpaolo.

Il nodo fiscale, un limite allo sviluppo del settore

In Italia, la cessione di opere d’arte oggi è soggetta all’aliquota ordinaria del 22%, la più alta in Europa. Al contrario, la Francia ha deciso di estendere dal 1° gennaio 2025 il regime agevolato del 5,5% a tutte le transazioni artistiche, incluse le importazioni e le cessioni, mentre la Germania ha già avviato la riduzione al 7%.

Questo significa che, a parità di prezzo netto, un collezionista paga oggi fino al 18% in più acquistando un’opera in Italia rispetto alla Francia, obbligando gli operatori italiani a comprimere i propri margini per restare competitivi.

Per valutare le possibili ripercussioni sul settore, lo studio prodotto da Nomisma ha consentito di misurare da un lato gli impatti diretti, indiretti e indotti che deriverebbero dalla riduzione dell’IVA sulle importazioni, dall’altro i possibili benefici derivanti dall’eventuale applicazione di un’aliquota ridotta anche sulle transazioni interne.

Malgrado un effetto moltiplicatore pari a 2,8 (ovvero, per ogni euro di giro d’affari nel mercato dell’arte italiano si generano complessivamente 2,8 euro in termini di impatto economico complessivo) l’industry presenta molteplici elementi di fragilità che non solo ne frenano lo sviluppo, ma ne minano addirittura la solidità.

Secondo le stime presentate da Nomisma, mantenendo ai livelli attuali l’aliquota IVA il settore potrebbe perdere fino al 28% del fatturato complessivo, con punte del -50% per le piccole gallerie.

Al contrario, se l’Italia decidesse di adeguare l’Iva sulle transazioni artistiche al 5%, armonizzandolo rispetto ai livelli francesi, secondo le simulazioni prodotte da Nomisma in un solo triennio il fatturato complessivo generato da gallerie, antiquari e case d’asta crescerebbe sino a raggiungere circa 1,5 miliardi di euro, con un effetto potenziale sull’economia italiana fino a 4,2 miliardi di euro. Nell’ipotesi di Iva al 10%, invece, la crescita del mercato sarebbe inferiore, pari a 1,3 miliardi di euro, con un effetto moltiplicativo complessivo pari a 3,5 miliardi di euro.

Al fine di valutare l’ipotesi di un cambiamento della normativa, a favore di un avvicinamento alle scelte adottate da altri paesi europei, andrebbero opportunamente analizzati i costi e benefici nelle due ipotesi presentate nello studio. Certamente la manovra appare non solo è sostenibile in termini di costi, così come dimostrato dai modelli economici applicati da Nomisma, ma rilancerebbe la competitività del settore, genererebbe maggiore gettito fiscale nel medio termine e rafforzerebbe il ruolo dell’Italia come potenziale hub europeo per il mercato dell’arte.

Indubbiamente il differente regime fiscale rappresenta un problema reale, con il rischio che il sistema dell’arte italiano perda progressivamente di competitività, impoverendosi strutturalmente e perdendo operatori, artisti, competenze e prospettive” – ha dichiarato Roberta Gabrielli, Responsabile Marketing di Nomisma – “Non si tratta solo di proteggere un settore economico, ma di difendere un presidio culturale fondamentale per l’identità del nostro Paese”.

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