3 marzo 2025 – Negli ultimi vent’anni, il consumo mondiale di olio d’oliva è cresciuto a piccoli passi (da 2,7 a 3 Milioni di tonnellate), denotando tassi di crescita più rilevanti nei paesi extra-Ue e, in particolare, nei mercati non tradizionalmente produttori: infatti, mentre è diminuito in Italia, Spagna e Grecia, all’opposto, nell’ambito dei top mercati di consumo, è aumentato negli Stati Uniti, in Brasile e in Francia.
Analogamente, la stessa tendenza si è verificata a livello produttivo: mentre nell’Unione Europea (che comunque ancora incide per il 58% sulla produzione mondiale), si è registrata una riduzione del 6%, gli ultimi vent’anni hanno visto i paesi extra comunitari raddoppiare la propria produzione di olio d’oliva. In particolare, tra questi va segnalata la forte crescita in Turchia e in Tunisia. Male la produzione italiana, diminuita del -66%, a fronte della crescita del +32% di quella spagnola, leader mondiale.
Un mercato in trasformazione
Sul fronte delle importazioni, invece, nel 2024 (cumulato gennaio-novembre) il valore dell’olio d’oliva è cresciuto a doppia cifra percentuale in tutti i principali mercati mondiali. Una crescita a valori (ma non a volume) che ha seguito quanto analogamente accaduto nell’anno precedente alla luce della scarsità di prodotto, in particolare di quello spagnolo.
Nel complesso, mentre il continente europeo (con l’Italia in testa) e quello americano (Stati Uniti) rappresentano le aree del pianeta a maggior valore di import, nell’ultimo decennio stanno emergendo mercati del Sud America e dell’Asia che, pur ancora lontani dalle quantità acquistate dai principali paesi di consumo, evidenziano tassi di crescita annuali – tra il 2013 e il 2023 – superiori al 10% in merito alle importazioni a valore di olio d’oliva. Tra questi, Cile, Perù e Colombia, ma anche Corea del Sud e Indonesia.
L’Italia rappresenta il secondo esportatore mondiale di olio d’oliva e, pur esprimendo un valore pari alla metà di quello spagnolo, detiene la leadership in diversi mercati, come Germania, Svizzera e Svezia, con quote all’import superiori o vicine al 50%. Al contempo detiene un peso superiore a un terzo delle importazioni a valore in Russia, Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti.
Oggi l’export di EVO dall’Italia raggiunge 160 paesi, ma appena 5 di questi pesano per il 65% del valore complessivamente venduto oltre frontiera, con gli Stati Uniti che da soli determinano il 32% dell’export. Gli ultimi dati relativi al 2024 evidenziano un’ulteriore corsa a valori dell’export di olio EVO dall’Italia a fronte di un aumento molto più ridotto (seppur in recupero rispetto al calo del 2023) nel caso dei volumi. Tra i top mercati che registrano le crescite maggiori su entrambi i fronti (valori e quantità) si segnalano la Corea del Sud, che assieme alla Svizzera rappresentano i mercati con i prezzi medi all’export di olio EVO italiano più alti, e la Germania.
Per quanto riguarda il mercato domestico, invece, la gran parte dell’olio d’oliva venduto in Italia passa attraverso il canale della Distribuzione Moderna, che negli ultimi tre anni è stato caratterizzato da forti turbolenze causate sia dall’inflazione, sia alla scarsità di offerta. Questo ha portato a una riduzione delle vendite a volume di Olio Extravergine di Oliva, tra il 2022 e il 2024, del 10% a fronte di un aumento del 64% a valore.
L’andamento delle diverse tipologie di oli
In tale contesto, gli oli Dop e Igp, pur rappresentando una nicchia di mercato, e l’olio “100% italiano” sono le tipologie cresciute non solo a valore ma, soprattutto, a volume. La crescita media dei prezzi – derivante, appunto, da una scarsità di offerta a livello globale – ha ridotto il differenziale esistente tra l’olio EVO comunitario, che continua a rappresentare la tipologia più venduta, e il “100% italiano” dal 47% del 2022 al 20% del 2024, rendendo più attrattivo al consumatore il prodotto ottenuto da olive italiane, il cui prezzo medio a scaffale è giustamente più elevato.
“Tirando le somme di questo periodo così movimentato, l’auspicio è che il consumatore italiano acquisisca una maggior consapevolezza sul valore reale dell’olio extravergine di oliva, portandolo a riconoscere l’EVO come un alimento principe della dieta mediterranea, e non un semplice condimento o ingrediente da utilizzare in cucina” – ha commentato Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare di Nomisma.
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