8 aprile 2025 – L’accelerazione del cambiamento climatico e le profonde trasformazioni demografiche in atto a livello globale stanno ridisegnando gli equilibri economici e sociali del pianeta. Per affrontare questa sfida, è necessario un approccio integrato che combini dati previsionali, strumenti tecnologici e cooperazione tra attori pubblici e privati.
È in quest’ottica che si inserisce lo studio “Climate in Crisis: Unpacking the Socio-Economic Fallout”, realizzato da Nomisma e CRIF, e presentato in anteprima alla IRSPM Conference 2025, durante la sessione plenaria organizzata dal Department of Management – DiSA dell’Università di Bologna in partnership con Nomisma, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Bologna e di Sidrea, nonché in sponsorship con Rekeep e Arkadia Group.
Riscaldamento globale e crescita demografica: le proiezioni al 2040
Entro il 2040, le temperature globali aumenteranno in media di 2°C, mentre la popolazione mondiale crescerà di quasi un miliardo, toccando i 9,2 miliardi. Il Nord America sarà l’area più colpita dall’aumento termico (+2,6°C), l’Africa quella con la crescita demografica più marcata (+500 milioni). L’Europa, invece, sarà l’unico continente a perdere abitanti.
I Paesi e le loro tendenze demografiche
A livello nazionale, l’India supererà i 1,5 miliardi di persone, consolidando il proprio primato demografico, mentre la Cina vedrà una significativa flessione. L’Italia passerà da 59 a 55 milioni di abitanti, confermando un trend negativo. La Nigeria e il Pakistan cresceranno rapidamente, riflettendo una dinamica molto diversa da quella europea.
Gli impatti economici del cambiamento climatico sono già visibili
Negli ultimi vent’anni, i danni economici causati da eventi climatici estremi sono stati ingenti, raggiungendo i 2.800 miliardi di dollari. Se non si interviene, le perdite globali annue potrebbero salire a 38 miliardi entro il 2049, con un calo del reddito medio del 19% e impatti più gravi nei Paesi più vulnerabili. Eppure, il costo per le misure di mitigazione – stimato in 6.000 miliardi – è sei volte inferiore ai danni attesi.
In Italia, gli effetti sono già tangibili. Nel 2024, la temperatura ha superato il +1,5°C rispetto all’era pre-industriale. Negli ultimi dieci anni, il nostro Paese ha registrato danni per 50 miliardi di euro. L’agricoltura, in particolare, è in sofferenza: nel 2023 la produzione di vino è calata del 17%, frutta e verdura dell’11%.
I rischi fisici e di transizione per le PMI italiane
Lo studio si è dato in secondo luogo anche l’obiettivo di approfondire i rischi fisici e di transizione per le PMI italiane, evidenziando l’importanza crescente dei criteri ESG nel determinare l’accesso al credito. I rischi fisici – acuti, cronici e sismici – presentano una distribuzione eterogenea sul territorio e influenzano significativamente l’esposizione del sistema bancario alle imprese.
Parallelamente, i rischi di transizione – legati alla capacità delle aziende di adattarsi a normative e aspettative green – mostrano una forte concentrazione nella fascia media, ma con una porzione significativa di imprese distribuite agli estremi, utile per affinare le strategie di gestione del rischio. Le politiche di “green lending” stanno iniziando a produrre effetti concreti: si osserva una variazione nei flussi di erogazione del credito e un tasso di default sensibilmente inferiore tra le imprese con punteggi ESG più alti.
Questo suggerisce che l’integrazione dei criteri ESG nei modelli di valutazione creditizia non solo favorisce la transizione ecologica, ma rappresenta anche un potente strumento di mitigazione del rischio per il sistema finanziario.
In sintesi, i dati ci dicono che agire è possibile, necessario e conveniente. La crisi climatica non è solo una sfida ambientale: è una questione economica, sociale e geopolitica. E va affrontata con strumenti previsionali avanzati, collaborazione tra attori pubblici e privati e investimenti mirati nell’innovazione.