21 marzo 2018 – I risultati del primo Rapporto 2018 dell’Osservatorio sul Mercato immobiliare: segnali di crescente vigoria per il mercato immobiliare italiano

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E’ quanto emerge dal 1° Osservatorio sul Mercato Immobiliare di Nomisma presentato oggi a Milano

Oltre 11 miliardi di euro gli investimenti in Italia nel mercato corporate.

Milano, 21 marzo 2018 – “Il sentiment degli agenti immobiliari interpellati da Nomisma descrive una domanda abitativa in crescita per il terzo anno consecutivo, senza alcuna distinzione tra tipologie di mercati” e “il ritorno positivo della variazione dei prezzi, al momento circoscritto al mercato milanese ma destinato progressivamente ad ampliarsi, non potrà che accrescere l’interesse per il settore di quella componente di domanda latente, conferendo ulteriore slancio alla ripresa” sono alcuni dei passaggi chiave che si possono leggere all’interno dell’Osservatorio sul Mercato Immobiliare di Nomisma – Marzo 2018 presentato oggi a Milano in Assolombarda.

Il mercato immobiliare italiano – per Nomisma – si sta lentamente avvicinando al punto di svolta; il dinamismo delle compravendite non ha ancora trainato i prezzi, nonostante qualche segnale di svolta seppur sporadico.

A inizio 2018 l’indice medio di performance del segmento abitativo – risultante dall’andamento dei 13 mercati intermedi – ha continuato a recuperare posizioni portandosi su valori prossimi al punto di “equilibrio ciclico” (equivalente alla performance media delle cinque componenti considerate -dinamica dei prezzi <variazione semestrale dei prezzi>, convergenza tra prezzo offerto e prezzo richiesto <sconto>, velocità di assorbimento <tempi di vendita>, intensità della domanda <dinamica della domanda rispetto all’offerta>, dinamica delle compravendite <saldo tra giudizi di crescita e di calo> nel periodo di osservazione dal 2002 ad oggi). Ciò può essere assunto – per Nomisma – come punto di svolta da una condizione recessiva ad una espansiva.

Rispetto al segmento residenziale si sono mossi in controtendenza gli altri comparti; ciò si può desumere dall’indice di performance la cui intensità delle componenti è ancora lontana dai livelli medi registrati nel periodo di osservazione.

Sia i mercati metropolitani, sia i mercati secondari presentano tratti comuni: dopo la fase di crescita, sono stati investiti prima da un calo delle compravendite, cui ha fatto seguito a distanza di 2/3 anni il deprezzamento per poi assistere al recupero di quote di mercato erose dalla crisi, che tarda a riflettersi sui prezzi.

A consuntivo del 2017, le compravendite in Italia si attestano poco al di sotto delle 543mila con riferimento alle abitazioni e oltre le 55mila per le attività produttive (10.500 uffici, 32.800 negozi e 12.000 magazzini e capannoni). Sul fronte delle locazioni – per l’Istituto bolognese – si rileva il crescente ottimismo degli agenti interpellati sospinto da un ritorno della domanda che non risulta circoscritto alla residenza, ma che si sta estendendo anche alla componente di immobili da locare per le attività produttive.

Nei 13 mercati intermedi – a differenza di quelli metropolitani – nell’ultimo anno per Nomisma i valori immobiliari oltre a ridursi hanno fatto registrare un rallentamento del trend di recupero, sia dei prezzi di compravendita (in media -1,2% la variazione 2017-2018 per il nuovo e -2% quella dell’usato) che dei canoni di locazione. I tassi di variazione annuali risultano allineati a quelli degli ultimi due anni – riguardo a abitazioni e uffici – mentre si sono mossi in controtendenza nel segmento degli immobili commerciali, con un’accentuazione negativa rispetto all’anno precedente. L’unico mercato ad aver fatto registrare nell’ultimo anno variazioni nulle o prossime allo “zero” in tutti i segmenti monitorati è quello di Salerno; se si valutano le variazioni annuali dei canoni ciò che emerge è l’ingresso nella fase inflattiva, limitatamente al segmento residenziale, di alcuni mercati intermedi quali Bergamo, Brescia, Modena, Parma e Verona. Nei restanti segmenti permane una dinamica deflattiva.

Il ritorno della domanda e la stabilizzazione dell’offerta hanno permesso un lento ritorno a una condizione di liquidità, che ha tra l’altro determinato la riduzione dei tempi medi di vendita (fenomeno iniziato debolmente nel 2014 per le abitazioni e nel 2015 per negozi e uffici).

I mercati intermedi presentano un generalizzato ritardo del processo di recupero delle posizioni pre- crisi rispetto a quelli maggiori, con un’accentuazione per gli immobili per l’impresa. Nello specifico si segnalano ancora difficoltà di assorbimento per una quota di uffici e negozi in locazione.

Nomisma riscontra una riduzione dello sconto praticato in fase di trattativa – osservabile dal 2014 – seppure il divario si attesti ancora su valori piuttosto elevati, in media superiori di 4-6 punti percentuali rispetto ai livelli pre-crisi nei mercati intermedi e di 4 punti percentuali in quelli principali.

Per Nomisma “al dinamismo delle transazioni non ha fatto riscontro un’analoga tendenza dei valori che hanno, invece, continuato a flettere anche nei primi mesi del 2018”. La residua debolezza rilevata in corrispondenza dei prezzi rappresenta – per l’Istituto di ricerca bolognese – un retaggio del passato (sopravvalutazioni) e fragilità correnti (composizione della domanda e dipendenza da mutui.

Per il think tank bolognese “lo smaltimento delle tossine accumulate rappresenta un processo molto più lungo e complesso di quanto accaduto in passato, appesantito dall’inefficienza di un mercato in cui molti operatori hanno preferito salvaguardare teoriche ricchezze e coperture piuttosto che fare prontamente i conti con la realtà”. E’ da questa situazione che emerge l’ulteriore arretramento dei valori registrato sia nelle aree urbane maggiori a fine 2017 sia in quelle intermedie agli inizi del 2018.
La peggiore situazione si riscontra sul versante delle unità immobiliari di impresa, dove si ha un’intensità di domanda non paragonabile a quella delle abitazioni, oltre che una minore propensione del sistema bancario ad accettare scommesse sulle capacità di rimborso delle aziende.

Di diverso segno il mercato corporate, dove la consistente presenza di investitori stranieri consente di sopperire all’inadeguatezza della componente domestica. Nel corso del 2017 si è infatti registrata la cifra di 7,6 miliardi di euro di investimenti esteri in Italia.
Per Nomisma “il mercato immobiliare italiano restituisce segnali di crescente vigoria che, tuttavia, faticano a tradursi in un incremento dei valori”. L’esaurirsi del ripiegamento previsto per quest’anno non pare propedeutico – per l’Istituto bolognese – all’avvio di una nuova fase marcatamente espansiva; l’unica possibilità di deroga al “new normal” che si profila “è rappresentata da un irrobustimento della domanda di investimento più marcato rispetto a quanto fin qui osservato. E’ per Nomisma una possibilità tutt’altro che remota anche alla luce della modestia dei rendimenti degli impieghi alternativi “su cui le evidenze al momento disponibili non inducono a fare eccessivo affidamento”.

Dalle survey condotte da Nomisma su panel di famiglie intenzionate ad acquistare un’abitazione propria emerge come tra i requisiti la domanda ponga al primo posto i bassi costi di gestione e di manutenzione ordinaria della casa, seguiti dal comfort degli ambienti e dalla sicurezza. Poca importanza viene invece data alle “dotazioni comuni”. L’interpretazione della domanda immobiliare è – per Nomisma – un passaggio obbligato per orientare la nuova offerta edilizia e per evitare gli errori fatti in passato. Non è un caso che una parte rilevante dell’offerta non soddisfa le esigenze sia della componente di domanda solvibile – diventata sempre più selettiva – che di quella generica. In questo senso vanno letti gli investimenti in riqualificazione del patrimonio abitativo, che rappresentano – per Nomisma – il 38% del valore degli investimenti in costruzioni del 2017.

Le famiglie consumatrici italiane sono proprietarie di circa l’81% del patrimonio residenziale utilizzato come abitazione principale o tenuto a disposizione come seconda casa per un controvalore complessivo di 4.632 miliardi di Euro. Il deprezzamento che ha colpito l’abitazione in occasione della fase congiunturale negativa ha comportato una perdita di valore della ricchezza reale in abitazioni del 7% negli ultimi 5 anni (variazione desunta dalle statistiche Istat sulla ricchezza reale e finanziaria di entità contenuta se confrontata con le statistiche Nomisma, da cui risulterebbe un calo di valore del patrimonio del 16%).

Per Nomisma, la perdita di potere contrattuale delle famiglie e le diseguaglianze tra gruppi sociali si riflettono in un’accentuata segmentazione della domanda abitativa. Non è un caso infatti che – per l’Istituto bolognese – “la precarietà delle prospettive di rendimento associata alla gravosità del carico fiscale e alla erosione della ricchezza immobiliare abbiano negli ultimi anni indotto i risparmiatori a privilegiare altre forme di impiego”.

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