9 italiani su 10 promuovono la transizione a un packaging più sostenibile intrapresa dalle imprese del Food&Beverage Bio

Market Intelligence

Le vendite di prodotti biologici crescono del 133% negli ultimi dieci anni, raggiungendo il valore di 4.573 miliardi di euro al luglio 2021, dei quali 3.872 nel mercato domestico. Circa 23 milioni di famiglie italiane, pari all’89% del totale, hanno acquistato Food&Beverage BIO almeno una volta nell’ultimo anno.

I prodotti BIO sono quindi una componente strutturale del carrello della spesa degli italiani e le azioni a favore della sostenibilità che queste imprese portano avanti hanno sempre maggiore eco sull’agroalimentare italiano.

Fra queste ultime cresce l’impegno alla transizione a un packaging sostenibile, che abbandona la plastica vergine/monouso a favore di materiali riciclati e riciclabili e ottenuti da fonti rinnovabile. Le imprese vanno così incontro alle nuove richieste del consumatore che nella scelta di un prodotto BIO privilegia innanzitutto due driver: l’origine (42%) e le caratteristiche del packaging (21%). In relazione alle caratteristiche della confezione, gli aspetti più considerati riguardano l’effettiva sostenibilità dei materiali, la preferenza verso uno specifico materiale impiegato, alla leggerezza e all’essenza di eccessi di imballaggio, fino alle confezioni plastic free, cui si sommano le informazioni in etichetta e sull’impatto ambientale del prodotto.

In questo scenario di adozione di un packaging più sostenibile si confronta con l’aumento dei prezzi delle materie prime e con le complessità di adeguamento tecnologico delle linee produttive, a fronte di una non immediate e automatica disponibilità a pagare un differenziale di prezzo da parte del consumatore.

Per comprendere meglio queste dinamiche Nomisma ha realizzato per ASSOBIO un’analisi di 6 case history aziendali (Pizzi Osvaldo, Probios, Alce Nero, Naturasì, Scaldasole e Coop I tesori della Terra), che hanno consentito di mettere a fuoco il percorso di adozione di un packaging sostenibile nell’impresa e i relativi costi. Sono stati analizzati il passaggio dal pacco in plastica a quello in carta nella pasta secca, l’impiego della carta o del vetro per il vasetto di yogurt e la realizzazione di una confezione interamente compostabile per i prodotti ortofrutticoli.

I risultati finali dello studio saranno presentati in ottobre, ma le anticipazioni presentate al SanaTech mostrano come imprese abbiano dovuto affrontare un percorso complesso sia in fase di ideazione e test del packaging sostenibile, sia nella successiva operatività. Sono emersi, pur con alcune differenze fra le diverse case history, tempi di confezionamento più lunghi, data la maggiore fragilità dei nuovi materiali, e la necessità di maggiori manutenzioni, oltre che costi più elevati per l’acquisto dei materiali e maggiori difficoltà nel loro approvvigionamento.

“Questi sforzi sono premiati dal consumatore”, dice Ersilia Di Tullio, senior project manager di Nomisma, “che posto a scegliere fra la precedente confezione e quella più sostenibile dichiara una netta preferenza per quest’ultima: l’85% sceglie, infatti, il nuovo packaging sostenibile, il 9% dichiara di preferire il precedente e il 6% non rileva alcuna differenza”. Fra le caratteristiche riconosciute al nuovo packaging prima fra tutte la maggiore sostenibilità e in seconda battuta la maggiore coerenza con i valori di un prodotto biologico. Le nuove confezioni sostenibili sono inoltre ritenute più belle, più adatte a prodotti premium e più riconoscibili e sono comunque giudicate capaci di preservare la qualità del prodotto e di resistere alle rotture.

“Un imprevedibile scenario pandemico ha generato impatti strutturali su abitudini, comportamenti e sistema valoriale dei consumatori. L’Osservatorio Packaging del Largo Consumo di Nomisma ha sancito un importante effetto di tale scenario: gli italiani non hanno diminuito l’importanza attribuita alla sostenibilità ambientale, né nella vita quotidiana né nelle scelte di consumo. Non stupisce allora che la sostenibilità del prodotto e del packaging diventi un driver di scelta cruciale e distintivo soprattutto di un prodotto biologico” dichiara Silvia Zucconi, responsabile Market Intelligence Nomisma. “La vera sfida – in un mondo di etichette sempre più ricche di informazioni e di claim – diventa quindi quella di comunicare in maniera chiara ed immediata la sostenibilità del packaging, rendendo esplicito al consumatore il valore aggiunto, per l’ambiente e per la collettività che deriva dalla scelta quotidiana di consumare prodotti sostenibili per metodo di produzione e per caratteristiche dei materiali della confezione”.

“Così come ogni bene di consumo biologico è attento all’ambiente e alla salute delle persone è chiaro che produttori, trasformatori e distributori del settore debbano essere attenti anche all’intero ciclo di vita delle merci, riservando un occhio di riguardo al discorso del riciclo e del packaging ecocompatibile”, spiega Roberto Zanoni, presidente di AssoBio. “La crescita dei consumi interni di prodotti biologici nella distribuzione moderna, +7% nel 2020 e +5% negli ultimi 12 mesi a luglio, conferma che la sensibilità per i temi della sostenibilità è aumentata a tutto tondo, con l’emergere della crisi pandemica. Il binomio prodotto-packaging sostenibile è quindi un aspetto fondamentale di coerenza, che il consumatore ha compreso a pieno e che ormai in un certo senso si aspetta. Le nostre aziende hanno sposato questa missione e sono qui a dimostrarlo con la loro esperienza e i numeri. A loro, Pizzi Osvaldo, Probios, Alce Nero, Naturasì, Scaldasole, Coop I tesori della Terra e Girolomoni, va il nostro ringraziamento”.

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