Per 8 italiani su 10 il mattone resta il porto sicuro, ma non mancano nel settore immobiliare rischi e costi legati a un contesto socio-economico complicato. Da qui l’importanza di diversificare asset patrimoniali con asset finanziari.
È quanto emerge dalla ricerca “Cedola vs mattone: dove va la vera redditività? E come si distribuisce il patrimonio delle famiglie italiane?”, realizzata da Nomisma per conto di T. Rowe Price e presentata in occasione della tredicesima edizione del Salone del Risparmio di Milano.
All’evento, che vede protagonisti esperti e attori di mercato per condividere esperienze, creare nuove collaborazioni e sviluppare la propria conoscenza, ha partecipato Luca Dondi Dall’Orologio, Amministratore Delegato Nomisma.
Il mercato immobiliare italiano fra criticità e incertezze
Il mercato immobiliare italiano è alle prese con uno scenario nuovamente avverso. Il protrarsi degli eventi bellici, da una parte, la severità delle misure di politica monetaria decise dalla BCE, dall’altra, concorrono a delineare un quadro tutt’altro che favorevole per le ambizioni di salvaguardia dei livelli immobiliari fin qui raggiunti. Il percorso di normalizzazione sarà lungo, con il fondato rischio che la mancata indicizzazione dei salari possa penalizzare il potere di acquisto e allargare ulteriormente la fascia di esclusione.
“Con queste premesse, il ricorso al credito diventa sempre più spesso un fattore imprescindibile per mantenere inalterati gli stili di vita e non sacrificare le ambizioni di investimento. Il crescente fabbisogno si scontra, tuttavia, con un orientamento bancario fattosi progressivamente più prudente e selettivo. La domanda di mutui ha subito una contrazione sul finire d’anno che si è confermata nel primo trimestre del 2023. Le ragioni risiedono principalmente nell’aumento dei tassi di interesse di mercato e nella maggiore onerosità dei prestiti, oltre che nel peggioramento del clima di fiducia” – ha spiegato Luca Dondi di Nomisma.
Di conseguenza, la cautela delle aziende di credito ha contribuito a ridurre inevitabilmente l’afflusso di domanda al mercato, determinando una flessione dell’attività transattiva stimabile nell’ordine del 14,6% su base annua.
La casa, un investimento (ancora) conveniente
La ricerca – condotta da Nomisma su un campione rappresentativo di famiglie residenti fra Milano, Roma, Napoli e altre province – ha approfondito la propensione all’acquisto di immobili e all’investimento in abitazioni da parte delle famiglie italiane, alla luce dei più recenti eventi che hanno coinvolto il nostro Paese: lo scenario post-covid, la guerra in Ucraina, l’aumento dell’inflazione e la diminuzione del potere d’acquisto.
“Per il 48% degli intervistati l’acquisto di una casa è sempre un investimento conveniente da fare, mentre il 36% è convinto che sia meglio l’acquisto di un immobile da destinare all’affitto e il 39% che le rendite da immobili garantiscano sempre un ritorno economico sicuro. Fra gli italiani che possiedono case date in affitto, il 38% si dichiara soddisfatto della rendita percepita e il 31% è molto soddisfatto” – ha illustrato Luca Dondi.
D’altra parte, secondo una fotografia di Banca d’Italia, il 53% della ricchezza netta di una famiglia media italiana è immobiliare abitativa: il 70,5% degli italiani possiede la prima casa e il 13,5% ne possiede almeno una seconda.
La casa, che sia la propria abitazione o che venga messa a reddito, non va infatti pensata come un bene a sé stante, ma come parte di un patrimonio finanziario. Questo discorso vale anche per la prima casa, dato che il suo acquisto ha implicato un trasferimento ed una immobilizzazione di denaro, quindi implicitamente una scelta di investimento di lungo periodo.
“Dalla ricerca emerge che il 56% di chi acquista un immobile intende utilizzarlo come prima casa. Ma chi ha intenzione di acquistare una casa per investimento, da affittare a terzi, lo fa soprattutto per percepire un reddito aggiuntivo, ovvero un’entrata economica sicura ogni mese. A questo riguardo più di sei italiani su dieci che hanno intenzione di acquistare un immobile per investimento sono fiduciosi di riuscire a recuperare il capitale iniziale investito” – aggiunge Dondi.
Rischi e costi di un acquisto immobiliare
Un immobile, che sia prima o seconda casa, è tuttavia esposto a rischi e a costi da non sottovalutare: primo fra tutti, l’introduzione di nuove leggi come avvenuto, per esempio, con le norme contro lo spopolamento dei centri storici a Parigi per scoraggiare gli affitti brevi.
Da non trascurare, inoltre, il rischio che venga reintrodotta la tassa di successione anche in Italia, come attualmente in vigore in altri paesi europei.
L’immobiliare resta, infine, un investimento non immediatamente liquidabile (per il 41% del campione, infatti, ci vogliono più di 6 mesi per vendere) oltre ad essere esposto al rischio dei tassi di interesse se l’acquisto è effettuato tramite mutuo.
Per un immobile di proprietà, oltre ai tempi di liquidazione, c’è il problema della valutazione, che avviene solo al momento della compravendita, e una serie di costi in acquisto che vanno dalla tassazione (IMU seconda casa) all’imposta di registro, fino ai costi di intermediazione e notarili.
Sulla locazione gravano, oltre ai costi di intermediazione, i rischi legati all’elevata morosità (ogni anno il 50% delle locazioni non viene onorato con regolarità) e all’impossibilità di prevedere le spese straordinarie. “Sulla tenuta del mercato immobiliare nel lungo periodo incidono, infine, anche fattori demografici con rischi di uno squilibrio tra offerta e domanda derivanti dalla crescita negativa della popolazione italiana. Istat stima un tasso di decrescita medio della popolazione italiana del 2,5% al 2030 che passerà al 3,3% nel 2050” – ha osservato Luca Dondi.
Milano e le altre piazze: differenze del mercato immobiliare italiano
Lo studio evidenzia inoltre che, negli ultimi dieci anni, solo la piazza di Milano ha visto l’immobiliare in forte crescita. Lo stesso non si può dire di altre città come Roma e Napoli che, pur in recupero, restano lontane dalle quotazioni del 2012.
“Per investire con soddisfazione nell’immobiliare occorre acquistare nei grandi centri economici che crescono o nelle città d’arte perché tutto il resto è esposto a rischi, non ultimo quello demografico che l’acquirente non considera. Occorre comprare in aree dove l’immobile è un bene scarso. Milano è una città che cresce 4-5 volte rispetto a quanto cresce l’Italia e che attira investimenti esteri, tenendo alte le quotazioni. La città meneghina segue le logiche di altre metropoli europee ed internazionali. Le tendenze di altre città primarie come Roma e Napoli sono invece più simili a quelle di realtà secondarie come Livorno, Taranto e Novara, ovviamente con prezzi diversi” – ha concluso Luca Dondi.
La sinergia fra mercato immobiliare e mobiliare
Alla luce dei dati emersi nella ricerca, la conferenza ha espresso l’opportunità di considerare nuove sinergie fra asset immobiliari e asset finanziari, onde evitare o contenere i rischi connessi al mattone.
“Il grande interesse per il mercato immobiliare non è una sorpresa. Tuttavia andrebbe considerato all’interno di un portafoglio diversificato assieme ad altri strumenti del mercato mobiliare. In questo contesto, l’investimento nei fondi obbligazionari a cedola può risultare sinergico a quello immobiliare, rivelandosi particolarmente adatto proprio ad un portafoglio sbilanciato sul mattone, come quello fotografato dallo studio, dove gli immobili pesano mediamente per il 55% del patrimonio. Sempre in ottica di diversificazione e di efficientamento del proprio portafoglio, l’investimento in un fondo permette una più facile ‘manutenzione’ e una maggiore flessibilità, in quanto il fondo è sempre immediatamente liquidabile” – ha osservato Donato Savatteri, Head of Southern Europe di T. Rowe Price.
Nomisma, servizi di consulenza strategica e Osservatori di Mercato
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