Emergenze economiche e sociali non risolte, venti di guerra, trasformazioni geopolitiche in corso, climate change. Sono queste le principali incognite che caratterizzano il futuro degli italiani secondo quanto rilevato dal “Rapporto Coop 2023 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e domani”.
Lo studio, presentato in anteprima digitale, è stato redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop) con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto d’analisi di NielsenIQ e i contributi originali di Circana, GS1-Osservatorio Immagino, CSO Servizi, GfK, Mediobanca Ufficio Studi.
Vediamo in questo articolo le principali salienze e gli spunti di riflessione emersi dal Rapporto Coop 2023.
Dalle incertezze della guerra alle opportunità dell’Intelligenza Artificiale, passando per il cambiamento climatico: sono tanti i temi in gioco
Guerra e cambiamenti geopolitici, climate change e migrazioni, intelligenza artificiale e mercato del lavoro, inflazione e possibile crisi economica. Non sono mai stati così tanti i futuri possibili e di conseguenza incerti e cupi gli scenari. Così, i venti di guerra riarmano le potenze a fronte di un desiderio di pace che si acuisce mentre le trasformazioni in corso nello scacchiere internazionale modificano assetti che sembravano ormai scontati.
Inoltre, l’irrompere dell’intelligenza artificiale se da un lato promette di risolvere molti problemi, dall’altro alimenta paure e incognite: se il valore economico in appena due anni è passato dai 95 ai 207 miliardi di euro, stando alle ultime analisi in un prossimo futuro 1 lavoratore su 4 potrebbe perdere la propria occupazione proprio a causa dell’A.I.
Al contempo, il riscaldamento climatico, benché sia diventato dramma quotidiano, non genera un impegno globale finalmente concreto: nessun Paese al mondo, infatti, risulta ad oggi compatibile con l’obiettivo di mantenere la crescita della temperatura media non oltre 1,5°C entro il 2030.
In questa moltitudine di mondi possibili, tanti sono i probabili punti di svolta: le elezioni americane ed europee del 2024, l’evoluzione del conflitto in Ucraina, la ripresa della pandemia, etc…
Per altro il mondo sta già facendo i conti con fattori dal grande impatto. È il caso del climate change: che ha fatto registrare solo nel corso del 2022 ben 2300 eventi estremi (erano stati 146 nel 2010), mentre l’Onu a luglio ha parlato per la prima volta di “era dell’ebollizione”.
Il mondo si dividerà sempre più tra quanti sono preoccupati (in Italia l’85% del campione), quanti intendono impegnarsi (in Italia 1 su 4 ha adottato uno stile di vita sostenibile in ogni ambito della propria quotidianità e 14 milioni sono gli italiani pronti a battersi per la tutela dell’ambiente), e coloro che negano il riscaldamento climatico o pensano sia un’esagerazione (15%) o che abbia cause indipendenti dall’attività antropica (19%).
Torna l’economia dello zero virgola: rallentano i consumi degli italiani, pesa l’inflazione
Anche l’Italia, nel contesto generale, è un caleidoscopio di alternative e possibili punti di svolta. Esaurita l’esuberante crescita post pandemica del 2021 e del 2022, l’economia italiana perde la spinta dei consumi che – a dispetto dell’inflazione e solo grazie al sostegno dei risparmi e del credito al consumo (dopo 11 anni tornano a calare i depositi e sale il ricorso al credito al consumo) – hanno sostenuto il PIL nella prima parte dell’anno.
Nei prossimi mesi le intenzioni di spesa degli italiani fanno segnare una brusca inversione di rotta: il 36% intende ridurre i consumi al netto dell’inflazione, mentre solo l’11% pensa di aumentarli. Anche i segnali che arrivano dallo scenario internazionale, dalla produzione industriale e dal mercato del lavoro fanno prevedere un PIL 2023 solo marginalmente positivo. Si tratta di una debole intonazione positiva che si potrà protrarre anche nel 2024, ma solo a patto di una manovra di bilancio equilibrata e, soprattutto, di un concreto utilizzo dei fondi Pnrr.
Le prospettive sono poi appesantite dall’eccezionale crescita dell’inflazione che solo negli ultimi 2 anni ha abbattuto il potere d’acquisto in una misura pari a 6.700 euro procapite; secondo l’80% dei manager intervistati, bisognerà aspettare almeno il 2025 prima che la crescita dei prezzi torni ai livelli pre-pandemici.
Il lavoro che non paga e la crescita dei prezzi: così gli italiani sono costretti a fare grandi rinunce
A fronte di questo drammatico impoverimento, la dinamica delle retribuzioni resta insufficiente (+2,3% su base annua nel secondo trimestre 2023) e dunque il lavoro, che sinora sembra esserci (nel 2023 sono 23,5 milioni gli occupati, mai così tanti dal 2008), non paga quanto dovrebbe: il 70% degli occupati dichiara, infatti, che avrebbe bisogno almeno di un’altra mensilità per condurre una vita dignitosa.
Da qui la tendenza ad aggiungere lavoro al lavoro come strategia di difesa dal carovita: il 27% degli occupati intende aumentare il numero di ore lavorate, eseguire lavoretti aggiuntivi (nel 25% dei casi), far iniziare a lavorare persone della famiglia che prima non lavoravano (19%). Anche a dispetto di questo impegno ulteriore, l’impatto devastante dei prezzi trascina quasi la metà degli italiani (27 milioni di persone, in crescita del 50% rispetto al 2021) in una condizione di disagio duraturo, costringendoli a rinunciare allo standard di vita per loro minimo accettabile almeno in un ambito (cibo, salute, casa, mobilità, tecnologia, socialità e intrattenimento). Il 10% degli italiani dichiara di non arrivare a fine mese e un’ulteriore 23% ci arriva, ma teme costantemente di non farcela.
Anche se in un qualche modo si sbarca il lunario, si fanno grandi rinunce (per il 20% degli intervistati) o comunque dei sacrifici. Infatti, solo un italiano su quattro ammette di condurre senza problemi la vita di qualche anno fa.
Il disagio affonda nella carne viva della classe media. Tra le famiglie della middle class, infatti, meno della metà riuscirebbe a fare fronte senza difficoltà ad una spesa imprevista di 800 euro e solo un terzo ad una di 2.000 euro.
La categoria più in difficoltà è quella dei giovani: la generazione Z (18-34 anni) vive in una sorta di apartheid in termini retributivi (e non solo); il dislivello generazionale fra loro e i baby boomers è impietoso e, a fronte di una retribuzione media, i primi scendono di un buon 23% mentre i secondi salgono di oltre un 17%. In sostanza, a parità di inquadramento, un giovane italiano guadagna quasi la metà di un over 50. Non stupisce allora se il 40% di loro si immagina di vivere altrove da qui a 2/3 anni e il 20% sta già progettando di farlo.
L’enigma dell’imperscrutabile serenità degli italiani
Eppure tra molteplici difficoltà gli italiani sono ammirevoli per la tempra emotiva che continuano a manifestare e la sorprendente assenza, almeno sino a qui, di sentimenti di rabbia o rancore sociale.
La fotografia scattata dal Rapporto Coop 2023 è quella di un Paese certamente inquieto (il 30% si dichiara tale, +6% rispetto al 2022) e dove crescono i timori (dal 20% al 32%), ma che complessivamente vede rafforzarsi i sentimenti di fiducia (36%), serenità (29%), accettazione (23%) e aspettativa positiva (28%). Un ostinato, pacato, ottimismo che costituisce certamente uno dei grandi punti di forza del sistema Paese, ma che al contempo pone interrogativi circa la sua sostenibilità futura.
Gli stessi comportamenti disfunzionali e le dipendenze (abuso di smartphone, videogiochi, cibo, alcolici, droghe), eredità della pandemia, tornano a ridursi. Eppure, a dispetto di tanta razionalità, la sfera privata degli italiani evidenzia tutta la fatica quotidiana per tenere assieme i pezzi della loro vita. Non sorprende constatare come 1 italiano su 3 dichiari di aver fatto uso – anche sporadicamente – di psicofarmaci e 1 su 5 ne faccia un uso più o meno abituale; i farmaci per l’ipertensione, per la gastrite e lo stress svettano in cima alla classifica dei medicinali più venduti.
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